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PERCHÈ È IPOCRITA UCCIDERE L’ORSO

di Redazione -


di IRENE GIUROVICH
Gli orsi contro cui è partita la caccia tra i boschi di Caldes, in val di Sole (Trentino), dopo l’aggressione ad un runner Andrea Papi il 5 aprile, sembrano diventare il capro espiatorio di una politica miope che non ha saputo gestire la reintroduzione del plantigrado in una zona in cui si era praticamente estinto. Un’area troppo angusta, circa 1500 chilometri quadrati e relegata fra l’altro in una sola porzione del Trentino (la A22 infatti, rappresentando una barriera, non consente la dispersione degli animali in un’area più estesa) e troppo poco separata dal contatto con l’uomo e la civiltà per poter immaginare di far proliferare un numero predefinito di orsi, una cinquantina, secondo i desiderata politici, quando in realtà, come capita ogni volta che l’uomo si erge a dominatore assoluto del creato, i numeri, seppure in assenza di censimenti ufficiali, parlano di un centinaio di esemplari. Come si fa ad ipotizzare che la convivenza con orsi e lupi in territori antropizzati possa essere pacifica ed esente da rischi connaturati? Com’è possibile non aver capito per tempo che il progetto Life Ursus non poteva essere di per sé sostenibile vista l’area di coinvolgimento? Quando l’uomo vuole alterare i meccanismi della natura autoproclamandosi dio, ecco le conseguenze nefaste. Non hanno chiesto gli orsi di ripopolare il Trentino.
La Lav è riuscita a trovare un rifugio sicura per l’orsa Jj4 in modo da evitarle l’uccisione: la proposta è stata ufficializzata sia ai vertici della provincia di Trento sia al ministro all’Ambiente Gilberto Pichetti. Un modo per salvare l’orsa c’è dunque.
Il plantigrado, che ha 17 anni ed è nata da due esemplari sloveni, era riuscito a sfuggire due anni fa all’abbattimento deciso dalla Provincia grazie all’intervento della Lav che ottenne l’annullamento dell’ordinanza da parte del Tar: all’epoca, infatti, c’era stato un contatto con due cacciatori diretti ad un appostamento. Peccato che l’orsa fosse con i suoi tre cuccioli. La stessa zona in cui è stato aggredito mortalmente il runner viene segnalata ad alta presenza di orsi con cuccioli, come reso noto dalla direzione Servizi foreste e fauna della Provincia autonoma.
Il Presidente della provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, dopo aver lanciato l’ordine di uccisione dell’orsa Jj4, individuata dalle analisi genetiche del dna quale responsabile dell’attacco, ha annunciato l’abbattimento di altri tre esemplari ritenuti ‘problematici’ in quando considerati i presunti autori di altre aggressioni…
Gli orsi nel 1977 erano biologicamente estinti in tutte le Alpi Centrali, si apprende dal sito della Lav: in Trentino rimanevano infatti solo tre orsi maschi anziani. Fu così che nel 1996 venne avviato il progetto Life Ursus che, grazie anche a un finanziamento europeo per la tutela della biodiversità, consentì il trasferimento in Trentino di 10 orsi dalla Slovenia.
“Con il crescere della popolazione degli orsi – si legge sul sito della Lega antivivisezione – sono anche iniziati i problemi legati alla convivenza con loro. La Provincia Autonoma di Trento non ha mai cercato di favorire la convivenza pacifica fra uomini e orsi”. Ci si chiede poi come mai il radiocollare dell’orsa con i cuccioli non funzionasse… Chi è responsabile della mancata sorveglianza? Inoltre, la Provincia non avrebbe dovuto vietato il transito (a piedi, di corsa, con animali al seguito) in aree abitate dagli orsi?
Non è certo uccidendo alcuni plantigradi che si risolve il problema. Metodi alternativi esistono e di certo incruenti: da più tempo gli esperti domandavano di ricollocare gli orsi in aree più adatte dell’Unione europea dove numerose sono le zone inabitate e lontane dal contatto umano. Se ciò fosse avvenuto anni addietro, non si sarebbe arrivati a questi estremi. Gli etologi poi ricordano che l’orso è un animale intrinsecamente schivo che non ama il contatto con l’essere umano. Beneficiando di spazi adeguati e non antropizzati, il plantigrado resta lontano dalle persone e dai centri abitati.
Inoltre, si chiede da tempo l’introduzione dello spray specifico anti-aggressione, legale da anni negli Usa e in Canada, ma considerato illegale in Italia, la cui efficacia si attesta attorno al 98 per cento.
Intanto, sono partite le azioni legali da parte di varie associazioni animaliste fra cui Oipa, Enpa, Lav, Pai, Leal, Centopercentoanimalisti. “Un amministratore e un’amministrazione coscienziosi dovrebbero rappresentare tutti i portatori d’interesse, dovrebbero agire nel rispetto delle norme di salvaguardia della biodiversità e non dovrebbero essere mossi da spirito di rappresaglia, da spirito di vendetta”, scrive in una nota, l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa). Anche l’Enpa ha annunciato il ricorso, mentre la Lav parla di “reazione ideologica indegna di un amministratore pubblico contro animali reintrodotti dalla stessa Provincia” e annuncia battaglia in Tribunale.
Un’ultima riflessione: “Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio”, con queste parole, Cesare Beccaria nel lontano ‘700, poneva le basi per un sistema giuridico illuminato che non prevedesse la pena di morte. Questo concetto è espresso chiaramente nella Costituzione della Repubblica Italiana che di recente ha posto lo sguardo anche verso gli animali affermando che «sono esseri senzienti e la Repubblica ne promuove e garantisce la vita, la salute e un’esistenza compatibile con le proprie caratteristiche etologiche».

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