PERCHÈ CI SERVE BERLUSCONI
Tommaso Cerno
Berlusconi è più forte di noi anche quando non sappiamo dov’è. Ci dobbiamo fare una domanda: cosa ha fatto il Cavaliere per penetrare dentro le viscere degli italiani e farci sentire soli senza di lui. Sono stato un giornalista dell’Espresso, che ho avuto anche l’onore di dirigere. Nell’immaginario collettivo rappresento uno dei nemici di Silvio, uno di quelli che passavano le notti a cercare un modo per farlo cadere, per sputtanarlo, per ferirlo. Quello che abbiamo fatto era giusto in una democrazia dove l’unica domanda possibile è se le istituzioni massime del Paese stanno svolgendo il proprio compito debitamente osservate, senza sconti, in modo da garantire all’Italia che esiste qualcuno che verifica, indaga, controlla ciò che il potere fa. Ma mi sento di dire che per un giornalista Silvio Berlusconi rimane il più grande avversario possibile, capace come l’acqua di riempire le forme scomposte di questo benedetto Paese spiegandoti che se anche dove tu guardi c’è del vero, esiste là fuori un’Italia che tu, con tutte le tue sofisticate investigazioni, non riesci a cogliere. E’ per questo che Berlusconi serve. Perché essere italiani significa dargli atto che lui per almeno trent’anni ci ha capiti più profondamente e meglio di quanto noi, convinti analisti del berlusconismo, abbiamo capito il Cavaliere. Per chiunque faccia informazione, al di là di come ognuno la possa pensare, è una lezione che va imparata. Ed è per questo che il vuoto attorno al leader del centrodestra nato dalle sue viscere di imprenditore, legato in maniera indissolubile alla sua visione del mondo e quindi anche ai suoi interessi, ci fa così paura. Perché Berlusconi non è diventato un gigante della politica, controverso e capace di tutto, solo perché aveva un potere materiale, ma piuttosto perché aveva inventato un nuovo linguaggio che negli anni Novanta apparteneva a decine di milioni di italiani, mentre noi suoi detrattori parlavamo ancora come gli antichi romani. C’è stato solo un uomo in questo Paese capace di sconfiggerlo davvero. Non è un giudice, come potremmo pensare, nemmeno un avversario del mondo dell’impresa. E’ un professore bolognese, democristiano, di sicuro più di destra di lui, che nel nome dell’idea di credere davvero che l’Italia potesse cambiare guidò per qualche anno il movimento più variopinto, contraddittorio ma imbattibile della sinistra. il suo nome è Romano Prodi e credo si stia ancora domandando come abbia fatto a vincere due volte contro il Cavaliere di Arcore. Non possiamo dire che avevamo la ricetta, perché altrimenti oggi la sinistra non sarebbe ridotta in brandelli come invece è. Maa possiamo affermare che aveva trovato l’antidoto a quella lettura dell’Italia così aderente al presente di Berlusconi da riuscire a promettere un mondo migliore. C’è solo una promessa che la sinistra può fare a Silvio in questo momento. Provarci di nuovo, perché sarebbe davvero una sconfitta non avere imparato dal più stravagante politico dell’era moderna del nostro Paese almeno la forza di combattere contro tutto e contro tutti nel nome di una vittoria che prima o poi arriverà.
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