Patrizia Laquidara: le regole del buon vivere nel canto e nella poesia
di SACHA LUNATICI
Nel panorama musicale italiano, pochi artisti sanno unire poesia, melodia e profondità emotiva come lei. Cantautrice di straordinario talento e interprete dall’anima versatile, Patrizia Laquidara torna a incantarci con il suo nuovo singolo “Assabenerica”, brano che fonde tradizione ancestrale con sonorità pop e influenze contemporanee. In questa intervista esclusiva, oltre a svelarci il viaggio creativo che ha portato alla nascita di questa canzone, l’artista siciliana di nascita e veneta d’adozione ci parla con passione del suo percorso artistico e dei progetti futuri. Cosa rappresenta per te “Assabenerica”? “Assabenerica”, che significa “che Dio ti benedica”, è un saluto diffuso nella lingua siciliana, usato come formula di benvenuto o congedo. Questo brano rappresenta un forte legame con le mie radici perché i miei nonni paterni erano di Messina dove è stato girato il videoclip che comprende anche scene d’archivio dell’antica processione “la Vara” e scene inedite sia in luoghi simbolo della città siciliana sia in altri di valore affettivo per me. Io sono nata a Catania, mio padre è messinese mentre mia mamma è di Vicenza. Dopo aver inciso un disco in dialetto altovicentino, “Il canto dell’Anguana”, in cui rendevo omaggio alla mia parte materna, con questa canzone ritorno un po’ alle origini e, soprattutto, all’isola in cui sono nata. “Assabenerica” rappresentava il massimo dell’educazione e del rispetto portato verso la persona da salutare, soprattutto se anziana. Qualcosa che oggi, purtroppo, sembra un lontano ricordo… Essere gentili, augurare il meglio ad una persona, significa in qualche modo prendersene anche cura. Ecco, credo che la gentilezza, così come la delicatezza, siano qualcosa che dovremmo recuperare e rimettere dentro alle nostre relazioni. Questo singolo è il primo capitolo di un nuovo progetto musicale che prende spunto dalle pagine del tuo libro “Ti ho vista ieri” pubblicato nel 2023. Come sei riuscita a trasformare le parole in suoni e canto? “Ti ho vista ieri” è un romanzo autobiografico, quindi c’è molto della mia vita, di ciò che ho vissuto e ho conosciuto. E ci sono anche molti personaggi che ho deciso di mantenere in vita non solo attraverso le parole ma anche attraverso i suoni. Nel libro, per esempio, c’è un capitolo dedicato a Messina e al mio ramo paterno, oltre a un paragrafo intero dedicato a “la Vara”: mi sono ritrovata con una melodia in cui aggiungevo le parole che mi venivano suggerite dal libro. Nasce così “Assabeneica”. Hai dei rituali o delle abitudini particolari che segui quando componi una canzone? Mi piacerebbe tantissimo avere una certa ritualità e disciplina. Ci sono degli artisti che hanno un luogo particolare dove scrivono, disegnano o dipingono: per me non è così. Per esempio, il mio ultimo album, “C’è qui qualcosa che ti riguarda”, è nato quasi tutto in auto, fissando le melodie sul telefonino che poi riprendevo a casa. A volte, invece, scrivo di getto quando mi sveglio oppure in treno. Quando nascono le canzoni in un certo senso ho bisogno di instabilità, di essere in movimento.
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