Politica

Parla Nicola Procaccini: “Investire nella difesa favorisce lo sviluppo”

di Laura Tecce -


Onorevole Nicola Procaccini, eurodeputato di FdI e copresidente Ecr, c’è un acceso dibattito intorno al piano ReArmEurope di Ursula von der Leyen.
“La parola riarmo non è solo una questione di armi e munizioni, che peraltro noi abbiamo fornito in grande quantità all’Ucraina e quindi adesso abbiamo i magazzini vuoti: nella difesa militare rientrano una serie di elementi decisivi per la sicurezza e per la pace, penso ad esempio alla cyber sicurezza e alla protezione delle comunicazioni e dei conti correnti. Oggi una nazione può invadere, attaccarne e metterne al tappeto un’altra senza dover sparare neanche un colpo di cannone. Quindi da questo punto di vista quella di poter raggiungere il tetto del 2% per le spese militari rappresenta un’opportunità. Anche perché il ‘dual use’, cioè la capacità della spesa militare di essere anche una leva formidabile per lo sviluppo civile, è un aspetto poco considerato”.

A proposito di conti pubblici, al Consiglio Ue la premier Meloni è stata molto chiara sulla questione del debito e Bruxelles ha accolto la proposta italiana di scorporare le spese per la difesa dal rapporto deficit e Pil.
“Premettendo che è un ragionamento davvero troppo demagogico e troppo populista pensare che una nazione possa fare a meno della propria difesa, e che i fondi destinati ad essa, come sostiene il Movimento 5 Stelle, potrebbero essere impiegati nella scuola o nella sanità, il dovere di chi fa politica dalla parte giusta è quello di avere la responsabilità, il senso della storia, dello Stato, delle istituzioni e di poter dire alle persone che è sì necessario spendere per la sanità e per la scuola ma lo è anche per la difesa militare. Non è una spesa inutile, non sono soldi buttati ma necessari”.

Il rapporto privilegiato tra il premier Meloni e Trump è un danno o un’opportunità per l’Europa?
“C’è chiaramente una visione politica per certi versi comune tra due leader conservatori come Giorgia Meloni e Donald Trump, ma Giorgia Meloni rappresenta l’Italia e non sta a guardare il colore politico dei suoi interlocutori: veniva accusata da qualcuno di avere un rapporto troppo buono anche con Joe Biden, in realtà Giorgia Meloni fa giustamente il suo mestiere, che è quello di tutelare l’interesse nazionale. Ovviamente l’Italia è in Europa non negli Stati Uniti, per cui è evidente che abbiamo a cuore anche gli interessi dell’Ue, senza però assoggettarsi a nessuno”.

Ma gli USA possono essere ancora considerati un alleato affidabile?
“Secondo me sì, quelli che sostengono il contrario lo fanno perché accecati dal pregiudizio nei confronti di Trump, non hanno ancora metabolizzato la sconfitta di Kamala Harris. Nella visione geopolitica dell’amministrazione Trump l’avversario su cui gli Usa devono concentrarsi è la Cina, sia dal punto di vista militare che commerciale. Ecco perché gli Usa chiedono all’Ue di concentrarsi sul fianco orientale, anche nel confronto con la Russia, come del resto sostenevano anche Obama e Biden”.

Il 2 aprile si avvicina, la tanto temuta data in cui dovrebbero entrare in vigore i dazi finora solo minacciati…
“Se entrassero in vigore sarebbe un danno per l’economia italiana e questo è innegabile, in realtà li hanno messi anche Biden e la stessa Europa, ma questo non lo dice nessuno. La penso come Ronald Reagan: non mi piacciono i dazi, anche se mi rendo conto che certe volte servono per riequilibrare una bilancia commerciale sbilanciata. Quando Trump parla di reciprocità, dice proprio questo: se voi non li mettete a me, io non li metto a voi, fermo restando che una guerra commerciale tra alleati sarebbe deleteria per tutti”.

Sulla politica estera è necessaria una verifica di maggioranza? I rapporti tra Lega e Forza Italia sono a minimi termini come si dice?
“Non penso che siano a minimi termini, onestamente. Sono partiti diversi, ognuno cerca anche di conquistare fette di elettorato e non trovo scandaloso che Salvini abbia parlato con Vance. Spesso ho la sensazione che in qualche modo si debba cercare disperatamente di vedere delle divisioni laddove non ci sono. Siamo tre gruppi diversi, come accade nel centrosinistra, dove all’interno dello stesso PD addirittura ci sono delle correnti di pensiero diverse”.


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