IL CARRELLO DELLA SPESA: Ortofrutta, se il green ci lascia al verde
Il Green sta inguaiando l’ortofrutta. E pure le nostre tasche. Anche nel 2024 abbiamo speso di più per mangiare di meno. I dati Istat, a riguardo, hanno riferito che le vendite di beni alimentari sono scese dell’1 per cento in termini di volumi (cioè per quantità di merci effettivamente piazzate sul mercato) mentre hanno fatto registrare un aumento di valore (quindi di giro d’affari) pari all’1,5%. In questa voce di spesa, chiaramente, a far la parte del leone c’è il comparto ortofrutta. Che, se a gennaio ha registrato un fisiologico calo susseguito alle abboffate natalizie, a dicembre ha fatto segnare aumenti interessanti che, come ha riferito Confcooperative, hanno interessato il cenone, anzi i cenoni, nella loro interezza, quantificabili in circa 300 milioni rispetto al 2023 e ben mezzo miliardo se il dato di spesa (3,2 miliardi complessivi) si mette a paragone con quello delle festività pre-Covid. Solo in verdure, frutta e ortaggi, gli italiani hanno speso 415 milioni di euro mentre. Ma i rincari che hanno interessato l’ortofrutta, da qualche anno a questa parte, sono sembrati inesorabili. Il problema, anche (o forse soprattutto) per i produttori è che gli italiani hanno iniziato a comprare meno prodotti freschi pur di risparmiare. Rinunciando, talora, a uno dei pilastri di una dieta sana. In nome del risparmio.
Ma le ragioni dietro gli aumenti sarebbero da rintracciare nei problemi che vive il comparto. Che, a tutt’oggi, stando ai dati diffusi da Confagricoltura, vale (solo per l’ortofrutta fresca) qualcosa come 17 miliardi di euro, un quarto dell’intera produzione agricola nazionale. Buona la performance dell’export (fresco e trasformato valgono più di 10 miliardi solo per i primi dieci mesi del 2024) ma al contempo salgono anche le importazioni che limitano l’avanzo commerciale a 120 milioni di euro. I numeri di Ismea, a proposito delle famiglie, riferiscono che il valore (cioè il prezzo) degli acquisti è salito del 2,7% a fronte di volumi (quindi di quantità) che salgono dello 0,8%. “Segno evidente – secondo gli analisti Confagricoltura – di un effetto inflativo ancora presente, anche se decisamente più contenuto rispetto al passato”.
Le prospettive di una normalizzazione dei prezzi, in teoria, ci sarebbero. Nella pratica, però, svaniscono di fronte a tre problemi che, alla Fruitlogistica di Berlino, ha messo in chiaro il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini secondo cui “il rischio è che salti il sistema di sicurezza alimentare del Paese”. Questo perché “siamo di fronte a una tempesta perfetta: inasprimento delle regole comunitarie, scarsa capacità di comprendere cosa sono gli agrofarmaci e gli effetti del climate change che hanno falcidiato le produzioni agricole”. Un triangolo fatale, come quello delle Bermuda, per gli operatori agricoli: “Il risultato è che abbiamo perso il 20% della nostra produzione con punte drammatiche del 50% per le pere. Questa è l’ultima chiamata”. Che il ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha colto affermando, a Berlino, che “la Commissione Ue recepisce le proposte dell’Italia: bisogna limitare ulteriormente gli agrofarmaci solo se si è in grado di proteggere le produzioni con metodi alternativi”. Insomma, a furia di Green si rischia di far male al “verde”. La stessa von der Leyen, che pure ritiene che l’agricoltura debba “passare a un modello più sostenibile” sembra essersi convinta a ritirare la proposta originale che limita l’utilizzo degli agrofarmaci, uno dei capisaldi del Green deal e delle strategie agricole Pac, in favore di un’altra “più matura” e meno “polarizzante”. Una vicenda che si trascina da tempo. Staremo a vedere.
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