Editoriale

Ora all’Occidente conviene la pace

di Adolfo Spezzaferro -


La “terza guerra mondiale a pezzetti” denunciata dal Papa ormai da tempo è sempre meno frammentata e pericolosamente compattata, concentrata. Ora per esempio il rischio più alto è ovviamente in Medio Oriente, a seguito dell’attacco missilistico dell’Iran contro Israele di martedì sera. Francesco ha annunciato che domenica si recherà alla Basilica di Santa Maria Maggiore per invocare la pace, e il giorno dopo, 7 ottobre, primo anniversario dell’attacco di Hamas a Israele, ha indetto una giornata di preghiera e digiuno. La data è cruciale, lo sappiamo bene.

Sebbene sia uno spartiacque, lo è come l’inizio dell’operazione militare speciale di Putin nel Donbass: segna un prima e un dopo di un conflitto però già in corso da anni e anni. Nel Donbass i russofoni che vogliono tornare alla grande madre Russia sono stati bombardati e perseguitati per anni da Kiev. In Medio Oriente, l’attacco di Hamas, il primo in territorio (oggi) israeliano, è arrivato dopo decenni di attacchi e persecuzioni contro i palestinesi della Striscia di Gaza. Ora il 7 ottobre del digiuno del Papa deve essere un monito per tutto l’Occidente, che oggi è l’unica realtà geopolitica a non considerare Israele uno stato terrorista. Ciò non significa che il resto del mondo abbia ragione e l’Occidente torto, ma è una contrapposizione che pesa inevitabilmente e oggettivamente sugli equilibri globali. La reputazione di Tel Aviv è sottoterra, fuori dall’Occidente, dopo i massacri a Gaza e ora quelli in Libano.

I nemici dello stato ebraico devono essere colpiti ad ogni costo, anche se ciò comporta fare (tantissime) vittime tra i civili: è questo il modus operandi, da quando esiste quella che i suoi nemici chiamano “entità sionista”. Però quel “chi tocca Israele muore” non ha impedito a Teheran di bucare lo Scudo con i suoi missili ipersonici, mostrando una vulnerabilità dello stato ebraico ai nemici nella regione. Questo significa che, come abbiamo già scritto, è proprio adesso che l’Occidente (Israele incluso, dunque) deve pensare alla pace e non alla guerra. Tutti sanno che Netanyhau vuole che gli Usa entrino in guerra al fianco di Israele contro l’Iran. Così come è noto che per adesso il presidente Biden sta prendendo tempo. Anche perché gli Usa sanno bene, per esempio, che con una guerra contro l’Iran si arriverebbe alla chiusura dello stretto di Hormuz e quindi al blocco del greggio che viaggia per nave (che non è poco).

Il punto è vedere se il buon senso avrà la meglio rispetto alle lobby che spingono per la guerra contro Teheran, costi quel che costi nell’immediato sul fronte economico e finanziario. Ma c’è un altro fattore dirimente da tenere in considerazione: è molto probabile che se Israele e Usa dovessero attaccare l’Iran, al fianco di Teheran si schiererebbe (almeno) Mosca. E il ruolo della Russia in questa fase è cruciale. Perché forse non tutti sanno che qualche giorno fa dispositivi russi antimissile avrebbe abbattuto 13 missili israeliani che si stavano avvicinando alla base russa di Khmeimim e al porto di Tarkus, in Siria. Finora non era mai successo. Ora provate a immaginare se i nemici di Israele e Usa nella regione venissero dotati di questi sistemi di difesa. La deterrenza dello stato ebraico perderebbe non poca efficacia. E non solo durante un eventuale conflitto contro Iran e Russia. A maggior ragione, per l’Occidente è giunto il tempo della pace.


Torna alle notizie in home