Esteri

Operazione pager: così Israele avrebbe colpito al cuore Hezbollah

di Ernesto Ferrante -


È di otto morti e circa 2.800 feriti, di cui 200 in condizioni critiche, il bilancio provvisorio di un attacco – operazione Pager – hacker attribuito a Israele che ha fatto esplodere i cercapersone, le stazioni radio e i cellulari di numerosi presunti militanti di Hezbollah in Libano e Siria. Lo ha riferito l’emittente libanese Nbn. Con un’operazione che sembra tratta da un libro di fantascienza, gli israeliani hanno messo a segno un colpo pesantissimo.

“Le misteriose esplosioni hanno finora provocato la morte di una ragazza e di due combattenti e il ferimento di un gran numero di persone con lesioni diverse”, hanno fatto sapere a caldo in una nota i miliziani sciiti, precisando che sono in corso “indagini” per scoprire la causa delle esplosioni simultanee. Uno degli uccisi sarebbe il figlio del deputato del gruppo, Ali Ammar.

Fonti dell’IRGC hanno assicurato che i dispositivi saltati in aria sono tutti della Motorola, che ha una presenza consolidata nello Stato ebraico. Dalle prime foto circolate in rete, sembra tuttavia che si tratti degli AP700 di Gold+.

I pager si sono trasformati in “bombe” in diverse zone del Paese dei cedri, in particolare a Dahieh, roccaforte degli uomini di Hassan Nasrallah, nella zona meridionale di Beirut. L’emittente al-Hadith, legata ad al-Arabiya, aveva inizialmente parlato di “70 feriti”, poi il numero è lievitato con il passare dei minuti.

“Questa penetrazione nei nostri sistemi di comunicazione rappresenta la più grande violazione dei dati di intelligence nella storia dell’organizzazione”, ha commentato una fonte di Hezbollah.

Stando a quanto riferito dall’agenzia libanese Nna, le autorità hanno disposto l’allerta nella maggior parte degli ospedali del sud e della Bekaa a causa dell’elevato numero di feriti in arrivo. Inoltre sono stati lanciati appelli affinché i cittadini donino il sangue.

L’ambasciatore iraniano in Libano, Mojtaba Amani, è tra le numerose persone che hanno riportato ferite di varia entità non solo all’interno del territorio libanese, ma anche sul suolo siriano.

Il primo ministro, Najib Mikati, e gli altri ministri sono stati informati durante una riunione di governo degli “incidenti di sicurezza” avvenuti. Mikati ha chiesto al ministro della Sanità, Firas Abiad, di lasciare l’incontro e di mobilitare tutte le risorse del ministero prestare i necessari soccorsi.

Pochi mesi fa, il 13 di febbraio, Nasrallah, aveva chiesto a tutti i membri del “partito di Dio” smettere di usare telefonini, di distruggerli, seppellirli o chiuderli in una scatola di ferro. “In questa fase sbarazzatevi di tutti i cellulari, sono agenti di morte”, aveva dichiarato dopo l’uccisione di comandanti in raid mirati di Tel Aviv avvenuti lontano dalla linea del fronte.

Ancor prima, lo scorso 28 dicembre, Hassan Nasrallah aveva intimato a tutti i residenti del sud di disconnettere le telecamere di sicurezza da internet, uno dei mezzi usati da Israele per riconoscere possibili bersagli.

Successivamente erano state adottate contromisure per mettere in sicurezza la rete locale privata di telefonia mobile, finanziata dall’Iran una ventina di anni fa con cavi di fibra ottica. Tecnici fidati avevano provveduto a suddividerla in sotto reti.

Gli esperti israeliani potrebbero aver agito in due modi: o attraverso una nuova fornitura difettosa o con un atto di sabotaggio ai server mediante l’installazione di uno script che ha surriscaldato la batteria al litio fino al punto di farla esplodere.

I dipendenti dell’American University Hospital, hanno rivelato che circa dieci giorni fa i connazionali di Joe Biden hanno buttato via le radio con cui comunicavano con i medici locali e il personale delle strutture sanitarie. Un accorgimento che alla luce di quanto è accaduto desta non pochi sospetti, facendo pensare ad un avviso.

La tensione è altissima. I riservisti israeliani hanno ricevuto il cosiddetto “Ordine 8”, in base al quale tutto il personale militare deve presentarsi immediatamente alle basi per il successivo dispiegamento del contingente.


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