Omicidio Regeni, in aula il racconto delle torture
A distanza di 8 anni dall’omicidio di Giulio Regeni avvenuto in Egitto tra il gennaio e il febbraio del 2016, va avanti a Roma davanti alla Prima Corte di Assise il processo a carico di 4 agenti segreti egiziani irreperibili e mai in aula.
Un generale, due colonnelli e un maggiore che sono fantasmi per la giustizia. Negli anni, un processo oggetto di continue controversie tra il governo italiano e quello egiziano. Il corpo di Regeni, ritrovato nei pressi di una prigione dei servizi segreti, presentava evidenti segni di tortura, il reato che non può essere contestato ai quattro, imputati di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in lesioni personali gravissime e omicidio, perché entrato nel Codice solo un anno dopo la sua morte.
Nell’udienza di ieri proprio la tortura – l’accusa infamante finita in una risoluzione del Parlamento Ue – ha però tenuto banco. E’ stato diffuso in aula un documentario di Al Jazeera in cui un ex detenuto palestinese racconta di aver visto Regeni prima e dopo un interrogatorio il 29 gennaio: “Dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio?” gli chiedevano i carcerieri in arabo e in un dialetto egiziano. Regeni “usciva dalla palazzina del carcere, passando nel corridoio, diretto al luogo dove
avveniva l’interrogatorio. Era ammanettato con le mani dietro la schiena, con gli occhi bendati. Era a circa
5 metri da me. Indossava una maglietta bianca, un pantalone largo blu scuro”.
Il testimone lo rivide mentre “usciva dall’interrogatorio, sfinito. Lo torturavano con la corrente elettrica.
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