Attualità

Omicidio di Giulia, il processo dopo quello dei media

di Angelo Vitale -


Settantacinque coltellate, mesi fa le cronache provarono a ricostruire l’omicidio di Giulia Cecchettin ad opera del suo ex fidanzato Filippo Turetta rinchiudendo questi colpi mortali nell’arco di dieci minuti. Prima c’era stata l’immagine sfocata di una sagoma che provava a scappare, catturata dalla telecamera di un sistema di sorveglianza. L’ultima immagine della 22enne di Vigonovo da viva.

Ieri il via del processo al giovane, accusato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere, porto d’armi e sequestro di persona. Rischia l’ergastolo, in questa prima udienza è rimasto in carcere, i legali hanno detto che nelle prossime udienze ci sarà, reo confesso dell’omicidio avvenuto l’11 novembre scorso. Sono assenti in aula anche i suoi genitori, finiti al centro di un caso mediatico che durò giorni e giorni, da tutti accusati di aver confortato il figlio durante un colloquio in carcere senza rammentargli a dovere le precise responsabilità per quanto accaduto.

Il procuratore della Repubblica di Venezia Bruno Cherchi dice no alla spettacolarizzazione del processo, davanti ad una nutrita selva di microfoni. Sono contro il processo mediatico anche i legali di Turetta, che si oppongono ad alcune richieste di costituzione di parte civile, contrari a far passare l’immagine del loro difeso come l’emblema dell’autore di ogni femminicidio, ciò che Turetta già diventò l’anno scorso.

Il padre della vittima, Gino Cecchettin, dice: “Non mi auguro nessun tipo di vendetta o di favore, sono sicuro che i giudici decideranno al meglio. Essere qui rinnova il mio dolore, ho piena fiducia nelle istituzioni e la pena che decideranno sarà quella giusta” provando a sfilarsi dai commenti cui lo invitano i cronisti. Spiega di “non “avere nulla da dire” a Filippo Turetta. “Paura di un confronto con lui? No, perché dovrei?. Ormai il danno l’ha fatto – aggiunge -. Essere o non essere in aula è una sua scelta, non sta a me giudicare”. Conclude con “Mi auguro che sia un processo giusto”.

Parole che da ieri verranno comunque vivisezionate in ogni talk tv che deciderà di ritornare sull’omicidio di Giulia, con l’abituale corollario di criminologi, ex magistrati, psicanalisti, psicologi e esperti della famiglia. Parole per il temuto “processo mediatico”, come quelle attribuite all’omicida e diffuse al via del processo. Invano il suo avvocato Giovanni Caruso le definisce inverosimili.


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