Omicidio Boiocchi, 6 arresti: Beretta pagò i killer 50mila euro
Svolta a Milano nelle indagini sull’omicidio Boiocchi, la Procura della Repubblica del capoluogo lombardo con le ultime inchieste sugli ultras milanisti e nerazzurri, anche favorita dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Beretta, sta raggiungendo sempre nuovi risultati sullo scenario in cui il tifo ha operato, definendolo sempre più come strettamente sottoposto alla morsa della criminalità organizzata.
Oggi eseguita dalla polizia coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo, una ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha colpito sei persone, ritenute gravemente indiziate di essere i responsabili – i mandanti e gli esecutori materiali – dell’omicidio di Vittorio Boiocchi, ucciso a Milano a colpi d’arma da fuoco il 29 ottobre del 2022. Un provvedimento con il quale è stata contestata agli indagati anche l’aggravante della modalità mafiosa e che il Gip ha definito al termine delle indagini finora svolte dalla Squadra Mobile e dalla sezione lombarda del Servizio Centrale Operativo anche per acquisire le più recenti parole di Beretta sul suo ruolo nella vicenda e sui complici che vi hanno preso parte.
Ora, la Procura si prepara a fornire, nel pomeriggio e durante una conferenza stampa, i dettagli dell’operazione con la quale ritiene di aver fatto luce su motivi e dinamiche del grave fatto di sangue.
Vittorio Boiocchi era un noto capo ultras dell’Inter, con un passato segnato da numerosi episodi criminali, aveva trascorso 26 anni in carcere per reati come rapine, droga, armi e sequestro di persona ed era soprannominato “lo Zio”, rappresentando una figura storica e influente all’interno della Curva Nord.
Fu ucciso il 29 ottobre del 2022 in un agguato sotto casa a Figino, un quartiere alla periferia di Milano, raggiunto da almeno cinque colpi d’arma da fuoco, di cui tre al collo e al torace sparati da killer arrivati sul posto a bordo di uno scooter di colore scuro, fino ad oggi mai identificati. Un omicidio maturato in un contesto di tensioni e rapporti tra le curve e le organizzazioni criminali. Da allora, Andrea Beretta, un altro capo ultras dell’Inter e in quel periodo considerato il “delfino” di Boiocchi, acquistò maggiore influenza e più decisa autorevolezza in un tifo organizzato scalato con più facilità anche dai rappresentanti dei clan milanesi interessati al business criminale conesso a questo ambiente.
Speculative, fino ad oggi, le ipotesi sull’omicidio. Boiocchi era contrario all’unificazione della Curva Nord sotto uno striscione unico, idea promossa da Luca Lucci, capo della Curva Sud del Milan. Tra Boiocchi e Andrea Beretta, allora suo conclamato vice, erano frequenti le tensioni legate alla gestione della Curva e Beretta si rese irreperibile per due giorni dopo l’omicidio, suscitando sospetti sul suo coinvolgimento. Dentro tutto questo, il pressante interesse della ‘ndrangheta ad infiltrarsi nella Curva dell’Inter.
AGGIORNAMENTO
È dalle parole di Andrea Beretta che è arrivata la svolta delle indagini sull’omicidio di Vittorio Boiocchi. Lo svela la pm Alessandra Dolci della Dda di Milano. L’ultra nerazzurro Beretta, arrestato e poi diventato collaboratore di giustizia, “fin dalle prime dichiarazioni ha indicato mandanti ed esecutori materiali e, con una certa sorpresa 8dei magistrati, ndr), ha affermato di essere il mandante”. Un omicidio – “per 50mila euro” corrisposto da Beretta in contanti – con un movente di ordine economico: “Dividere i profitti illeciti eliminando il leader della Curva Nord” dopo un ammanco di cassa.
Beretta fu il mandante dell’omicidio insieme a Mauro Nepi, ultrà dell’Inter, anch’egli già in carcere dopo il maxi blitz svolto nei mesi scorsi nelle file del tifo milanese e da questi ricevette il suggerimento di rivolgersi ai Ferdico. Questi avrebbero individuato gli esecutori materiali da coinvolgere, Daniel D’Alessandro e Pietro Andrea Simoncini, quest’ultimo già coinvolto in un faida di ‘ndrangheta. Killer arrestati stamattina, il primo in Bulgaria dove “viveva da un paio di mesi come latitante”, il secondo rifugiatosi in Calabria.
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