Economia

Ok al salario minimo ma la vera svolta è la formazione

di Giovanni Vasso -

ADECCO MULTINAZIONALE SETTORE MERCATO DEL LAVORO SELEZIONE DEL PERSONALE LOGO ESTERNO SEDE


Il salario minimo mette d’accordo (quasi) tutti i lavoratori ma la svolta, quella vera, starebbe nella formazione. Un’indagine di Adecco, il colosso franco-svizzero del lavoro interinale e della ricerca di profili per le aziende, ha rilevato che in Italia il favore attorno all’ipotesi di una paga minima imposta per legge supererebbe l’80 per cento. Il 79 per cento è assolutamente convinto che si tratti di uno strumento in grado di garantire più equità, ossia di rendere più robuste le buste paga a fine mese. Solo il 5 per cento del campione intervistato da Adesso ritiene che la contrattazione nazionale gestita dai sindacati debba restare lo strumento principe, se non l’unico e il solo, per trovare un equilibrio tra la domanda dei lavoratori e l’offerta delle imprese. Una percentuale che sembra a dir poco bassa e che sembra fotografare anche un certo scetticismo nei confronti delle sigle sindacali e dei loro strumenti tradizionali di concertazione.

Viceversa, il 7% degli intervistati crede che il salario minimo non sia una priorità del Paese e il 9 per cento, dichiarandosi favorevole all’istituzione del minimo legale, tuttavia chiede che sia, contestualmente, incentivata la produttività delle imprese. Si tratta di un tema cardine, questo, che non a caso ha guadagnato – nei mesi scorsi – una sua centralità all’interno del dibattito pubblico quando, a fronte dei rincari si parlava della necessità di alzare gli stipendi. Non solo in Italia, dove il presidente di Bankitalia Ignazio Visco ha affermato che sì, si può fare a patto che gli aumenti siano legati a una ritrovata produttività del comparto economico. Ma in tutta Europa.

Accanto al salario minimo, in effetti, i temi “collaterali” sono tanti. E tutti decisivi. C’è quello della produttività, per esempio. Ma, fanno notare da Adecco, c’è soprattutto la frontiera che fa davvero la differenza nel mondo del lavoro, e cioè quella legata alla formazione. Secondo gli analisti della multinazionale interinale, infatti, è sempre cosa buona investire in upskilling e reskilling. Due anglicismi che stanno, rispettivamente, per il miglioramento delle proprie competenze e per una formazione che sia capace di rinnovare il sapere e il know how del lavoratore. Chi ha più competenze, chi è meglio formato, secondo Adecco, ha più possibilità di trovare un impiego stabile e, soprattutto, vive con più soddisfazione la sua vita lavorativa. Tradotto, guadagna di più e può trovare una possibilità in più di stabilizzarsi.

Che sia la formazione il vero tema è noto da mesi. Lo è, almeno, secondo le imprese e le organizzazioni datoriali che lamentano di non riuscire a trovare personale qualificato adatto alla produzione e al lavoro che essi stesso continuano a promettere e proporre senza trovare adeguate figure professionali pronte a svolgerlo. Insomma, va bene il salario minimo, ok alla paga stabilita dalla legge e fissa ma forse, sussurrano gli imprenditori sarebbe ancora meglio se si investisse un po’ di più e un po’ meglio sulla formazione. Che, come ha rilevato la Corte dei Conti, ha rappresentato il vero e proprio tallone d’Achille che ha con-causato il fallimento della normativa che ha istituito in Italia il (fu) reddito di cittadinanza.


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