Economia

Sale l’occupazione ma spunta la grana mismatch

di Giovanni Vasso -


A giugno continua a salire l’occupazione, aumentano i posti a tempo indeterminato e crescono gli autonomi; ma mentre l’Istat sciorina i nuovi dati sul mercato del lavoro il dibattito si sposta sul tema del mismatch, cioè del paradosso per cui il lavoro c’è ma mancano coloro che abbiano competenze per farlo.

Innanzitutto i numeri. A giugno, rispetto a maggio, sono cresciuti gli occupati e, con loro, anche i disoccupati. Questa non è per forza una cattiva notizia se si legge insieme all’altro dato secondo cui è in calo il numero dei neet, di coloro che non studiano né cercano neanche un lavoro. L’occupazione, stando ai numeri del report Istat, è salita dello 0,1%. In pratica, in un mese, ci sono stati 25mila nuovi ingressi nel mercato del lavoro. Il tasso di occupazione, adesso, è pari al 62,2% e, in Italia, i lavoratori sfiorano i 24 milioni. Confrontando i dati di oggi con quelli di un anno fa, l’aumento degli occupati risulta più evidente: +0,5%. Il trend annuale rivela che l’occupazione in Italia cresce dello 0,7 per cento. Per quanto riguarda la disoccupazione, invece, si registra un aumento di un decimo di punto che porta il trend al 7%. Un tasso che resta alto e che sconta l’atavico problema della disoccupazione giovanile. Che, a giugno, si attesta al 20,5%. Contestualmente si assottiglia dello 0,1 per cento la pattuglia dei neet che a giugno si è attestata al 33%.

Eppure la crescita dell’occupazione potrebbe essere ancora più poderosa; ma c’è un problema che si chiama mismatch e che affligge, adesso, il mondo delle cooperative. Che, adesso, non riescono a trovare più lavoratori: “La mancanza di personale è il principale ostacolo alla crescita delle cooperative, per una su due è un problema ormai strutturale a cui non sembra esserci rimedio – afferma in una nota Maurizio Gardini, presidente Confcooperative – . Da 24 mesi la scarsità di manodopera rappresenta il principale fattore che limita la competitività. Oltre 34.500 lavoratori introvabili. Erano 30.000 6 mesi fa. Investire sulla formazione è una delle soluzioni”. Le posizioni che, per Confcooperative, sono diventate introvabili riguardano gli operatori socio-sanitari, educatori, infermieri, addetti alla logistica e facchini, autisti con patente C, trattoristi, agrotecnici, tecnici dell’energia, personale nella sanificazione e nelle pulizie. Gravi mancanze sarebbero patite anche dalle coop industriali che non riuscirebbero più a trattenere gli operai qualificati. Allettati, evidentemente, da offerte ritenute più congrue provenienti da altre realtà imprenditoriali.

Un grido d’allarme che è condiviso da Legacoop secondo cui mancano all’appello ben 150mila lavoratori. La questione, emersa a seguito della pubblicazione di una ricerca con Prometeia, si intreccia al dramma demografico che vive il nostro Paese. Secondo lo studio, infatti, da ora e fino al 2030 mancherebbero, ogni anno, ben 150mila lavoratori, il 70 per cento dei quali di sesso maschile. Ma non basta, perché la popolazione – stando agli analisti Legacoop-Prometeia – scenderà di 805mila unità mentre gli over 65 saliranno di ben 1,5 milioni a cospetto di un “buco” della fascia di popolazione in età lavorativa della stessa consistenza. Insomma, un disastro. I cui prodromi, però, erano già nell’aria. Nel 2023, inoltre, il 40% delle imprese dei servizi e il 9% della manifattura lamentavano la mancanza di figure da inserire nei loro organigrammi come uno degli ostacoli più importanti all’aumento della produttività. “Dal giorno dopo della pandemia si sono manifestate davanti ai nostri occhi le gravi contraddizioni del mercato del lavoro italiano – ha dichiarato il presidente Legacoop Simone Gamberini -, l’abbassamento dei tassi di disoccupazione, ma pure disallineamento dei percorsi di istruzione e formazione rispetto alla possibile occupabilità. La mancanza di manodopera per oltre un terzo delle nostre cooperative è il primo problema per lo sviluppo aziendale, ben davanti ai costi delle materie prime e persino all’accesso al credito; in alcuni settori e territori questa percentuale lambisce il sessanta per cento. Di fronte a questa situazione occorre innanzitutto un cambio generalizzato di mentalità: istruzione, formazione, politiche attive del lavoro in questa fase sono la soluzione sia ai problemi delle persone sia del sistema produttivo. Un Paese che spreca le proprie risorse perché non trova il modo di valorizzarle nel posto giusto, evidentemente non funziona”. Insomma, il lavoro c’è ma i lavoratori no. L’occupazione sale ma senza mismatch potrebbe aumentare ancora.


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