Un’inchiesta parlamentare per comprendere se, e soprattutto come, l’intelligenza artificiale potrà impattare sull’occupazione in Italia. L’iniziativa porta la firma di Walter Rizzetto, deputato di Fratelli d’Italia, presidente della Commissione Lavoro alla Camera. I lavori dureranno all’incirca nove mesi. I risultati dell’indagine saranno resi pubblici alla fine di marzo del prossimo anno, al più tardi ad aprile. Rizzetto, in una nota, ha spiegato le ragioni dell’iniziativa: “Reputo importante approfondire ogni aspetto relativo al rapporto tra tecnologia e lavoro con lo scopo di tracciare un punto di fatto e sollecitare una produzione normativa che sappia incrementare la produttività delle aziende rilanciando l’economia, e proteggere il mercato del lavoro nella direzione di una crescita economica socialmente responsabile”. La responsabilità sociale in materia di economia digitale non è uno slogan ma un preciso impegno del centrodestra. La stessa Giorgia Meloni, davanti all’assemblea generale dell’Onu, ha parlato della necessità di implementare un’etica nel mondo altrimenti asettico dell’algoritmo. Che si avvia a diventare l’elemento dominante dell’economia globale.
Rizzetto ha proseguito: “La mia indagine conoscitiva punterà ad analizzare con particolare attenzione i settori che hanno visto una maggiore evoluzione dovuta all’introduzione delle nuove tecnologie, come logistica, sanità, editoria e comunicazione, traduzioni, assistenza digitale, cybersicurezza, compresa anche la lotta alle fake news, e edilizia di case e infrastrutture e professioni”. Inoltre, il deputato Fdi spiega che “mediante questa indagine conoscitiva si intende effettuare un’analisi costi benefici dell’introduzione di tecnologie dirompenti all’interno del panorama aziendale italiano, allo scopo, soprattutto, di individuare i risvolti positivi in termini di produttività del lavoro”.
L’indagine dovrebbe concluderebbe entro il 31 marzo 2024. Si dovrà attendere ma il dibattito, ormai da mesi, è aperto. E si combatte nell’arena pubblica a suon di studi, analisi e ricerche. Qualche settimana fa, Confartigianato ha diffuso un’indagine secondo cui l’intelligenza artificiale rischierebbe di avere un impatto catastrofico sull’occupazione: sarebbero a rischio ben 8,4 milioni di posti di lavoro e addirittura un quarto dei neoassunti nel 2022. In termini percentuali, il 36,2% dei lavoratori rischia grosso. Per una volta, essere sotto le medie Ue fa meno male: in Europa, infatti, è in bilico il 39,5% della forza lavoro con punte che salgono fino al 43% in Germania e al 41,4 in Francia. Il dato peggiore, però, riguarda il piccolo Lussemburgo dove più di un lavoratore su due potrebbe vivere l’incubo di essere sostituito da una macchina digitale. Per la precisione, è il 59,5%.
Dall’altra parte della barricata, ovviamente, si schiera Google in rappresentanza del mondo hi-tech. Le Over the Top chiedono di non aver paura del futuro. Diego Ciulli, head of government affairs and public policy di Google in Italia ha spiegato, in audizione alla Camera proprio sul rapporto tra intelligenza artificiale e occupazione che “non è vero che l’aumento della produttività porta all’aumento della disoccupazione, questo è un dibattito sostanzialmente identico a quello affrontato da Keynes sui rischi insiti nella tecnologia”. Anzi, per Ciulli, “in Italia l’introduzione dell’ intelligenza artificiale porta casomai al contrario”, Il funzionario Google ha poi aggiunto: “Abbiamo l’urgenza di accelerare sull’Ia per creare nuovi posti di lavoro”.