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L’obbedienza è un valore?

di Valerio Savaiano -


Cristiano Delbò analizza l’equilibrio tra autorità e indipendenza nel percorso professionale, mettendo in luce come la capacità di esprimere opinioni critiche possa influenzare il successo individuale e aziendale. L’obbedienza è un valore?

Ricordo i miei nonni, quando ero piccolo, presentarmi, oltre che come loro nipotino, come un bravo “bambino obbediente”. Oggi, i miei nonni non ci sono più. Forse non sarebbero così felici di sapere che quel “bravo bambino obbediente”, crescendo, nella sua vita professionale (ma anche nella sua vita personale) poi tanto “obbediente” non è stato.

Autorevolezza, autorità e obbedienza

Da manager ho sempre riconosciuto l’“autorevolezza” (nei pochi virtuosi casi nei quali l’ho ravvisata) dei miei capi, mai la loro presunta “autorità”.
Ergo, non ho mai mancato di sottolineare le mie perplessità sulle iniziative aziendali che riguardavano le mie aree di competenza, quando, “riflettendo con la mia testa”, non le trovavo allineate o comunque allineabili al business da sviluppare. Quell’atteggiamento non sempre mi ha giovato, anzi.

I pro e i contro di essere un “polemico aziendalista”

Da un lato, non mi ha mai permesso di entrare stabilmente nelle lobby aziendali, fortissime, checché se ne dica, nelle organizzazioni strutturate, e in primis nelle multinazionali.
Mi si etichettava come “polemico”, anche se poi tutti aggiungevano “aziendalista”, senza peraltro rendersi conto che il combinato disposto dei due aggettivi mi gratificava, moltissimo.

Se sei “aziendalista”, le tue “polemiche” sono costruttive e non distruttive. Se tu, in qualità di mio superiore, non le digerisci significa che sei tu, mio superiore, incapace di motivare le tue direttive o, peggio, ricorri alla tua più alta posizione nell’organigramma, pure consapevole di essere in torto, perché non intendi accettare il confronto.

Sei un debole e, mi sia consentito, come capo vali poco o nulla. Il tuo destino sarà quello di non produrre risultati e alla fine di essere, dai tuoi capi (perché tutti hanno un capo) demansionato o peggio: cacciato.

Il passaggio da dipendente a imprenditore

Quando sono diventato imprenditore tutto è cambiato. I tuoi soci sono tuoi pari ma anche le relazioni “inter pares” necessitano di confronti, spesso accesi, spesso più “scontri” che “confronti” e sempre per il bene superiore dell’azienda.

Le difficoltà, qui, sorgono nella gestione dei dipendenti e/o dei collaboratori. Se è evidente che, in un’organizzazione azienda, i “Signor NO” per partito preso non sono né facilmente gestibili né francamente utili, i “Signor SÌ” sono pure peggio. Maestri dell’obbedienza.

Da quest’ultimi non potrai mai sperare di ottenere un qualcosa che possa trasformarsi in plus, che possa fare realmente la differenza.

L’importanza delle persone che fanno la differenza

Steve Jobs, il mitico fondatore della Apple, del quale tutti ricordano la famosa frase “Stay hungry, stay foolish” per moltissimi diventata un mantra assoluto, disse anche: “Non ha senso assumere persone intelligenti e dire loro cosa fare; assumiamo persone intelligenti perché ci dicano cosa fare”.

Provocazioni a latere, la verità di questa affermazione è palese. Se hai vision, la tua visione, per diventare realtà, non necessita solo di “mani” ma anche di “menti”. “Menti” non critiche sono inutili perché non aiutano ad evolvere.

Il conformismo in azienda

Quante volte nei meeting aziendali, ad un tavolo di lavoro qualcuno, solo per ottenere la compiacenza degli astanti, dice: “Mi adeguo alla maggioranza”. Ma che diamine di considerazione è? Qual è la sua utilità? Cos’è la maggioranza?

Se nessuno si esprime non c’è alcuna maggioranza alla quale conformarsi. E se non c’è nessuna maggioranza alla quale conformarsi decide il più alto in grado, in solitudine. E poi, magari, si arriva pure al paradosso che qualcuno si lamenti dandogli del dispotico.

Il ruolo del consulente

Da un paio d’anni faccio consulenza. E il consulente? Come si pone su queste tematiche? Beh, il peggiore è quello, comunque bravo a lavorare sulle relazioni, che dice al cliente quello che vuole sentirsi dire.

Questo tipo di consulente non risolve mai i problemi e lo fa scientemente, perché il non risolverli, o peggio l’amplificarli, gli permette di continuare a vendere la sua consulenza “farlocca” al malcapitato “pollo” di turno.

Consiglio finale

Il mio consiglio? Diffidate, nel privato come nel business, di chi non prende mai posizione, di chi è ligio all’obbedienza.

E se non volete prendere in considerazione il mio consiglio, ricordatevi del nostro “sommo poeta”, Padre della nostra lingua italiana. Dante confinò gli ignavi nell’antinferno, aspramente descritti come coloro i quali nessuno volle, né Dio né Lucifero: “Caccianli i ciel per non essere men belli, né lo profondo inferno li riceve, ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli”.


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