Politica

PRIMA PAGINA-Nulla di fatto per la Corte Costituzionale, è il fallimento della politica

di Giuseppe Ariola -


Le opposizioni salutano come un successo la mancata elezione di un giudice della Corte costituzionale da parte del Parlamento riunito in seduta comune. Ieri, infatti, nell’emiciclo di Palazzo Montecitorio si è registrata l’ennesima fumata nera, per la precisione l’ottava. E cosa ci sia da esultare, francamente, non si capisce. Siamo infatti in presenza di un organo istituzionale che opera in maniera collegiale, per l’appunto la Consulta, da circa dieci mesi con un componente in meno rispetto a quelli stabiliti. Il punto della questione non è, dunque, politico ma istituzionale, perché non si tratta di un voto su un provvedimento del governo o della maggioranza, dove le posizioni dei singoli partiti sono fisiologicamente alternative, bensì dell’elezione di un giudice della Consulta, sollecitata dallo stesso Presidente della Repubblica. Il nulla di fatto di ieri è quindi una sconfitta, non certo una vittoria. Una sconfitta, peraltro, sonora di tutta la classe politica che si è dimostrata incapace di espletare una delle funzioni alle quali è deputata. E questo vale tanto per l’opposizione che si è rifugiata sull’Aventino ed ha addirittura gioito per essersi trovata per una volta tanto d’accordo sulla linea e sulla strategia da seguire, quanto per la maggioranza che, a prescindere da quale sia il motivo, non è riuscita a trovare la quadra per sbrogliare la matassa. Tanto più che ieri l’accordo per eleggere Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico del presidente del Consiglio e tra gli artefici della riforma del Premierato, era stato quasi trovato, ma un pacchetto di voti ‘ballerini’ alla fine ha fatto sì che i partiti di maggioranza optassero per la scheda bianca. Come spiegano fonti parlamentari, la scelta si è resa necessaria per non correre il rischio di bruciare un nome che sarebbe risultato poi impossibile riproporre in occasione di una successiva votazione. In sostanza, nonostante l’accordo sembrava chiuso con l’apporto dei parlamentari del gruppo Misto e alcuni esponenti delle minoranze linguistiche, dinanzi a un esito non blindato, si è preferito evitare di giocare sul filo del rasoio. A conti fatti le schede bianche sono state 323, quaranta in meno del quorum necessario per il buon esito della votazione che ha fatto registrare anche una ventina, per l’esattezza 19, tra voti nulli e dispersi. Come però si tiene a precisare dagli ambienti di maggioranza, i voti aggiuntivi necessari a quelli sui quali può contare il centrodestra erano solamente 4 o 5 e le quaranta schede non ritirate sono dovute al fatto che una volta optato per la fumata bianca diversi esponenti di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati non si sono presentati in Aula. Tutti i partiti di maggioranza avevano letteralmente precettato i rispettivi parlamentari, compresi ministri e sottosegretari, chiedendo ufficialmente di evitare congedi e missioni, ma una volta saltato in banco in circa quaranta, pur avendo già raggiunto Roma, non hanno preso parte al voto. Ultimato lo scrutinio con un nulla di fatto, si sono subito susseguite le reazioni politiche. Dall’opposizione si denuncia la mancata ricerca di un dialogo da parte della maggioranza per l’individuazione di un profilo adeguato a ricoprire il ruolo di giudice costituzionale. Dal fronte opposto, una nota dei capigruppo di centrodestra accusa i partiti di opposizione di aver “trasformato in un ring di spartizione partitica un dovere così importante del Parlamento”. Per quanto riguarda poi il profilo del candidato individuato dalla maggioranza, si rimarca la strumentalità delle preclusioni nei confronti di chi ha collaborato con Palazzo Chigi, dal momento che più volte in passato alla Consulta sono stati eletti addirittura esponenti politici. Recriminazioni che, purtroppo, non cambiano la sostanza e che non lasciano presagire grandi passi avanti in vista della convocazione di una nuova votazione, la nona, salvo che non si decida di superare un assurdo muro contro muro che svilisce le istituzioni e fa fare una pessima figura alla politica tutta.


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