Tre partecipate all’avventura del nucleare in Italia: Enel, Ansaldo Energia e Leonardo stanno valutando un’intesa per costruire, attorno a una joint venture, il futuro dell’energia italiana. Che, come ormai appare sempre più chiaro e nitido, passa dal nucleare. O, meglio ancora, dalle nuove tecnologie legate agli Small modular reactors, ad acqua, con un occhio (molto) interessato allo sviluppo dell’Advanced Modular Reactor, i reattori di quarta generazione. Che sarebbero ancora più sicuri e puliti. L’ipotesi sarebbe quella di una nuova impresa, una newco, che sarebbe partecipata al 51 per cento da Enel, al 39% da Ansaldo e al 10 per cento da Leonardo. Non proprio una novità. Già a fine gennaio, l’ad Leonardo, Roberto Cingolani, riferiva che le tre aziende si stavano “scambiando le ultime cose” e che si sarebbe dovuto “trovare il momento per chiudere”. Ma, come sempre accade in Italia, tra il dire e il fare talora c’è di mezzo il mare. Superarlo non è stato facile. A recitare un ruolo decisivo nel mettere insieme i tre campioni per la grande avventura del nucleare è stato il Ministero dell’Economia e della Finanza. Accanto al Mef, nelle primissime fasi dell’avvio della newco nucleare, ci saranno anche il Ministero dell’Ambiente e quello delle Imprese. Il lavoro delle istituzioni, su questo fronte, è assai delicato. Perché vige, in Italia, un divieto antico che grava sul nucleare e che risale al referendum del 1987. Fatto che ha creato il paradosso per cui le aziende italiane, tra cui la stessa Enel, sono impegnate in prima linea sulle tecnologie nucleari. All’estero, però, non in Italia. Che si ritrova, oggi, a importare dalla Francia il 32% delle sue esportazioni energetiche contribuendo, insieme alla Germania (18%), al guadagno netto che Parigi ha incassato nel 2024 grazie all’export di energia. Prodotta anche, se non soprattutto, dalle sue centrali nucleari.