L’INTERVISTA- Noto: “Il Pd di Schlein non parla con gli operai e Conte cerca di prendersi i suoi voti. Salvini? Rischiatutto”
“Il Pd di Schlein non parla con gli operai e Conte cerca di prendersi i suoi voti. Salvini? Rischiatutto”. A dirlo il sondaggista Antonio Noto.
Le ultime uscite del segretario della Lega rafforzano o indeboliscono Meloni?
La realtà è un conflitto palese tra Salvini e Meloni, anche se i due lo escludono. Il fatto che il ministro delle Infrastrutture prenda posizioni precise sullo sciopero, senza che il presidente del Consiglio intervenga, lascia intendere un passo in avanti di Matteo, che non considera più di tanto Palazzo Chigi.
La scelta è dovuta a un calo del Carroccio nei sondaggi?
Cambiare strategia perché si perde uno 0,5% sarebbe assurdo.
La mossa, intanto, è un assist per un’opposizione che prima dello sciopero, aveva più di qualche semplice difficoltà, a farsi sentire…
In teoria è così, ma non nella pratica. Sullo sciopero non ho visto le barricate delle opposizioni. C’è stato solo un confronto tra i sindacati, che a un certo punto hanno alzato bandiera bianca e un ministro. Non ho visto da parte del Pd e del M5S un’azione di comunicazione prioritaria sullo sciopero. Mi sembra che si siano tenuti in seconda linea ed è un peccato dal punto di vista di bacino elettorale. Sappiamo che la flessione del Pd, dal 33% di Veltroni al 18% di Schlein, è dovuta a un ceto operaio che non si riconosce più nei dem.
Mentre le truppe del Nazareno arretrano, crescono M5S e sinistra…
I nostri sondaggi ci dicono che Verdi e Sinistra sono da mesi tra il 3 e il 3,5%, senza particolare incrementi. Ho visto, invece, una crescita del M5S. Quando è stata eletta Schlein era crollato al 13%. Oggi è al 17%.
Gli attacchi di Grillo e Casaleggio jr., dunque, non danneggiano Conte?
Molti pensano che quanto viene detto in tv valga nella formazione del consenso. In realtà vale solo in termini di visibilità, ma poi bisogna avere credibilità. Grillo non è tra i personaggi di cui gli italiani si fidano. Quanto dice il comico genovese non impatta più di tanto.
Spunta, intanto, il fenomeno Landini. Potrebbe essere il futuro leader della coalizione progressista?
Partiti e sindacati per l’opinione pubblica sono universi completamente differenti. Non è un caso che il Pd, il maggior partito della sinistra, in un momento di enorme conflitto sia stato debole nel prendere posizione a favore delle associazioni di categoria. Se un partito mette insieme solo un ceto rimane marginale. Una forza, al contrario, è vincente se ha un consenso trasversale, se riesce ad accontentare più classi sociali. Landini, dunque, è un buon sindacalista, ma come leader di partito non funziona, anzi è debole.
Per quanto riguarda il centro, cosa succederà?
È tutto da costruire. Le elezioni europee, visto che si vota con un sistema proporzionale classico, senza alleanze e schieramenti, è una buona palestra. Il centro, fino a ora, c’è solo sulla carta e non nelle urne.
Non c’è stato, intanto, il crollo di Forza Italia di cui si parlava dopo la morte del Cav?
Gli azzurri vivono sul ricordo di Berlusconi, che negli ultimi anni già non appariva più di tanto in tv. Ciò, però, non significa che reggeranno nel lungo periodo.
Alle europee sarà testa a testa fra Schlein e Meloni?
Nei sondaggi non risulta che ci sia un testa a testa tra Meloni e Schlein, ma piuttosto tra Conte e Schlein per la guida del centrosinistra. Chi arriverà primo, se ci sarà il premierato, avrà il diritto di indicare il capo della coalizione alle politiche.
A sinistra, l’inatteso cross di Salvini lo sfrutta Conte?
Concordo! Il M5S è votato dagli operai, ma è anche critico nei confronti del sindacato. Non c’è mai stato feeling. Ecco perché Conte ha approvato, ma non sposato la causa della Cgil, mossa vincente.
Il leader della Lega, invece, scalzerà Giorgia?
La Lega è passata dal 34% delle scorse europee al 9% delle politiche. Salvini, pertanto, non si giocherà la leadership con Meloni, ma piuttosto la sua sopravvivenza. Se va sotto il 9%, sarà messo in discussione dai suoi. Al contrario, se mantiene l’11% sopravviverà.
La partita riguarda indirettamente i moderati. Riuscirà a vincere chi sarà in grado di aggregarli…
Meloni già ha aggregato alle politiche buona parte dei moderati. In Italia la destra non è mai andata oltre l’8%. FdI ha avuto il 26% e quindi vuol dire che il 20% del suo elettorato già non era così tanto conservatore.
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