Per Abbonati

Nordio e la prescrizione che allunga i processi

di Francesco Da Riva Grechi -


Il DDL Nordio affronta in questi giorni alla camera il nodo della prescrizione e soprattutto della delicata disciplina transitoria, tra una riforma e l’altra, dovendosi ancora attuare la “riforma Cartabia”, e quella “Orlando”, quell’altra “Bonafede” e via risalendo … ciascuna che a sua volta riforma quella precedente

In questa rubrica si parla molto spesso dell’”irragionevole durata dei processi” in Italia e delle colossali ingiustizie che i cittadini, senza distinzione alcuna, affrontano quotidianamente a causa delle perdite di tempo consumatesi nelle attività giudiziarie. Non si riesce tuttavia a credere che la lentezza dei processi sia posta ulteriormente a carico degli imputati da parte del legislatore, (evidentemente prono alle richieste della magistratura), a partire dalla riforma Bonafede (c.d. legge spazza-corrotti, n. 3 del 2019), aggravata dalla ministra Cartabia, con la l. 27 settembre 2021, n. 134, che, in questa materia, introduceva l’art. 344-bis c.p.p., per mitigare gli effetti della spazza-corrotti, stravolgendo però l’impostazione garantista (anche perché rinunciabile, fino in fondo) della tradizionale concezione sostanzialistica della stessa prescrizione.

Ed è così che, fino all’entrata in vigore, quando sarà, della riforma Nordio, si applica ancora l’art. 161 bis c.p. (firmato Bonafede), per il quale “il corso della prescrizione del reato cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado”. Con l’ulteriore follia dell’in­serimento di una causa di improcedibilità, ex art. 344 bis c.p.p., (firmato Cartabia) per cui trascorsi due anni per i processi d’appello e un anno per quelli di Cassazione senza l’ottenimento del giudizio verrà pronunciata sentenza di non luogo a procedere; dove “non luogo a procedere” significa che non si fa l’appello, nè la Cassazione e quindi rimane la condanna di primo grado.

In questo modo, la prescrizione, da istituto di garanzia sostanziale per l’imputato diventa, dopo la sentenza di primo grado, un semplice termine processuale, posto a favore del giudice. Come se non bastasse, c’è il regime delle proroghe, nell’ambito del quale è prevista la più ampia discrezionalità del giudicante e grazie alla quale si possono ampliare o restringere i tempi dei processi di impugnazione, a fisarmonica, senza che l’imputato abbia alcuna possibilità di difesa e quindi calpestando il relativo diritto, costituzionalmente garantito all’art. 24 della Cost.. Ad ulteriore conferma, le prime applicazioni giurisprudenziali degli artt. 161 c.p. e 344-bis, c.p.p., cancellano in via interpretativa tutti gli aspetti sostanziali (e di garanzia) dell’istituto, a favore di valutazioni esclusivamente processuali.

Inoltre, il 22 novembre scorso, i 26 Presidenti di Corte d’appello italiane hanno chiesto al Ministro Nordio di dotare il disegno di legge di un apparato di diritto transitorio che impedisca, in quanto chiaramente più favorevole al reo, il ritorno alla prescrizione più breve, denunciando con asprezza processi interminabili. Il relatore, on. Enrico Costa, ha definito tale posizione un boicottaggio. Chi scrive, ritiene che si tratti della più colossale violazione del principio di legalità e di retroattività della norma penale più favorevole che si sia mai anche solo ipotizzata da parte delle magistratura.


Torna alle notizie in home