Esteri

Non solo Hamas e Gaza: il terrore torna in Europa

di Rita Cavallaro -


La furia di Hamas, la reazione militare di Israele, il mondo che si divide in due fazioni opposte, due tifoserie che, in una drammatica gara populista a sostegno delle ragioni dell’aggredito versus l’aggressore, cadono nella terribile trappola del terrorismo islamico. Perché è nella frattura totale tra Occidente e Oriente che si compie la missione jihadista della legittimazione di quella Guerra Santa contro gli infedeli, già dichiarata al mondo dagli strateghi del terrore l’11 settembre 2001, con gli attacchi all’America, e mai vinta dagli occidentali.

L’illusione della sicurezza negli ultimi vent’anni è passata attraverso l’annientamento di Osama bin Laden e di Ayman al-Zawahiri, con il lieto annuncio della fine degli sceicchi del terrore mentre invece la testa del serpente non solo non è mai stata tagliata, ma l’Idra ha prosperato così tanto da costringere i grandi del mondo a voltarsi dall’altra parte, a fare finta di nulla. Ed è così che una nuova generazione di palestinesi, reclusi nella striscia di Gaza e ignorati dai popoli, è cresciuta, con la convinzione che l’unica salvezza fosse Hamas e che l’unica soluzione sia distruggere lo Stato di Israele. Di fronte a una guerra di religione, scatenata grazie alla complicità dell’Occidente del tutto indifferente alla questione palestinese, l’attacco terroristico di Hamas di sabato scorso non può essere relegato alla dialettica dell’aggredito e dell’aggressore, funzionale per il conflitto in Ucraina, ma stavolta preludio di una chiamata alle armi che riunisce tutto l’Islam al grido di “Allah Akbar”. E che ridisegna in termini militari la jihad coranica, quel percorso interiore sulla via della fede che nulla ha a che vedere con il terrorismo islamico ma diventa la clava contro gli infedeli.
Alla chiamata alla armi di Hamas, nel primo venerdì “santo” dall’attacco a Tel Aviv, in molti stanno rispondendo, anche nel nostro Paese. Alle manifestazioni pro Palestina in piazza si affiancano i vagiti dalle moschee e perfino il risveglio dei musulmani eletti nelle nostre istituzioni. È finito nella bufera Jahangir Sarkar, il consigliere di origine bengalese del Comune di Monfalcone, che in un post su Facebook ha scatenato tutto il suo odio contro Israele.

Ha pubblicato un video in cui si vedono giovani ebrei a terra durante gli assalti terroristici e ha parlato di “vittoria per il mondo musulmano” da parte di “Hamas e altre organizzazioni”. Fratelli d’Italia ha chiesto le immediate dimissioni dell’integralista, perché “nel nostro Paese non c’è posto per il fondamentalismo islamico”, ma Sarkar ha fatto orecchie da mercante. Forte di una nuova stagione di primavere arabe, il cui territorio d’azione, stavolta, ha una dimensione più esterna e che può contare non soltanto sulle azioni delle cellule addestrate, ma su ogni singolo individuo pronto a sacrificare la propria vita pur di uccidere gli infedeli. È opera di cani sciolti l’attentato messo a segno ieri in un liceo di Arras, nel Nord della Francia, dove Mohammed Mogouchkov, un ex alunno di origini cecene schedato e a rischio radicalizzazione, ha fatto irruzione al grido di “Allah Akbar” e ha ucciso a coltellate l’insegnante 40enne Dominique Bernard, oltre ad aver ferito diverse persone. Il fratello dell’attentatore era già in carcere per terrorismo. Mohammed Mogouchkov è stato arrestato, ma il rischio emulazione resta alto, anche in Italia. Dove alcune sentenze di certi giudici non aiutano la lotta contro il terrorismo, come dimostra il “liberi tutti” messo in atto in queste settimane dalla giudice di Catania Iolanda Apostolico, che continua a liberare dai centri di rimpatrio clandestini, di cui nulla si sa e ormai del tutto irreperibili sul nostro territorio.

E che dire di altri provvedimenti che sembrano approvare la violenza della sharia? Perché se un magistrato di Brescia chiede l’assoluzione per l’ex marito che maltrattava la moglie bengalese, motivando la decisione sulla base del fatto che quelle botte ricadono nella sua cultura, allora significa che tali condotte consentite nei paesi d’origine sono destinate a soppiantare le nostre leggi e le nostre tradizioni. Significa non fare nulla, volgere lo sguardo altrove e che se la sbrighino da soli, in perfetta sintonia con l’atteggiamento di totale indifferenza dell’Occidente riguardo all’annosa questione israelo-palestinese. Almeno finché non scoppia il bubbone e la cura diventa peggiore della malattia. Perché ai bambini israeliani sgozzati da Hamas nei kibbutz si aggiunge l’uccisione dei bimbi palestinesi nei bombardamenti a Gaza e la terribile fine di tutti quelli che stanno morendo di fame e di sete, dopo che Tel Aviv ha sospeso qualsiasi approvvigionamento finché non verranno liberati gli ostaggi. È con quella realtà che Israele dovrà fare i conti nell’imminente invasione di terra. Con un esercito che entrerà in una Striscia dove vivono 2 milioni di palestinesi. Massacrati, affamati e lasciati soli dal mondo, nelle mani di Hamas.


Torna alle notizie in home