“Non è colpa dei poveri”, il monito del Papa alla Cop28. “Le nascite sono una risorsa, rimettete i debiti”
“Non è colpa dei poveri”: alla Cop28 il Papa, seppur da lontano, tira le orecchie ai ricchi. In un mondo sempre più avido e ideologico, il pontefice richiama chi più ha a “rimettere i debiti” come si recita nel Padre Nostro “anche alla luce del debito ecologico nei loro riguardi”.
Bergoglio non è volato a Dubai a causa della bronchite che lo affligge da qualche settimana e che lo ha costretto a osservare un regime di riposo. Tuttavia, a differenza dei grandi leader del pianeta che hanno disertato l’appuntamento, non ha mancato di far sentire la sua voce. E lo ha fatto in un messaggio scritto che ha poi affidato alla lettura del cardinale Parolin. Le parole del Papa sono chiare, nette. E vanno in controtendenza rispetto al trend a cui s’uniforma il mondo.
“Sarebbe giusto individuare modalità adeguate per rimettere i debiti finanziari che pesano su diversi popoli anche alla luce del debito ecologico nei loro riguardi. Il compito a cui siamo chiamati oggi non è nei confronti di ieri, ma nei riguardi di domani che, volenti o nolenti, o sarà di tutti o non sarà”, ha tuonato il Papa alla platea distratta della Cop28. “Non è colpa dei poveri, perché la quasi metà del mondo, più indigente, è responsabile di appena il 10% delle emissioni inquinanti, mentre il divario tra i pochi agiati e i molti disagiati non è mai stato così abissale. Questi sono in realtà le vittime di quanto accade: pensiamo alle popolazioni indigene, alla deforestazione, al dramma della fame, dell’insicurezza idrica e alimentare, ai flussi migratori indotti”, un messaggio forte e chiaro. Ma che si perderà perché confligge con la narrazione che tanto piace alla gente che piace. Gente che predica l’Apocalisse che ha convinto, da anni, il mondo “civilizzato” a suicidarsi con un inverno demografico. “Le nascite non sono un problema, ma una risorsa – secondo il Papa – non sono contro la vita, ma per la vita, mentre certi modelli ideologici e utilitaristi che vengono imposti con guanti di velluto a famiglie e popolazioni rappresentano vere e proprie colonizzazioni. Non venga penalizzato lo sviluppo di tanti Paesi, già gravati di onerosi debiti economici; si consideri piuttosto l’incidenza di poche nazioni, responsabili di un preoccupante debito ecologico nei confronti di tante altre”.
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