Non chiamateli più “incidenti di caccia”
Dietro ogni numero c’è una storia di lutti e di ferite. Di addii e di danni fisici oltre che, spesso, psicologici.
Settantanove. Questa la conta di morti e feriti, numeri per difetto, provocati della caccia nell’ultima stagione venatoria, da settembre 2022 a gennaio 2023. Il bollettino, compilato al termine della stagione di caccia sulla base di un’attenta disamina di notizie su media, rassegne stampa e social con fonte certa e dichiarata, è redatto dall’Associazione nazionale vittime della caccia (AVC), un’organizzazione di volontariato, indipendente, che non percepisce alcun finanziamento pubblico e si regge solo su contributi e donazione dei soci.
L’Associazione è l’unica che in Italia si occupa annualmente del triste Dossier sui morti e feriti, in quanto tali dati non vengono rilevati dal Ministero dell’Interno né da quello dell’Ambiente, come si legge sul sito www.vittimedellacaccia.org
Di queste 79 vittime (il bollettino è uscito a febbraio ma difficilmente viene diffuso dai media mainstream) in soli cinque mesi, i morti sono 19 e i feriti per armi da caccia 60. Si tratta di un prezzo in termini di vite umane e sicurezza che peggiora di stagione in stagione, con il rischio, alla luce delle nuove normative che hanno incrementato la libertà d’azione dei cacciatori, che questi numeri siano destinati ad aumentare. Dietro le fredde statistiche ci sono vittime che verranno sacrificate inutilmente e in maniera drammatica. In primo piano dalle tabelle emergono i casi di pericolosità sociale per l’uso di armi da caccia, per mano di chi esercita attività venatoria sia durante le battute (ambito venatorio), sia in altri ambiti privati o pubblici (ambito extra-venatorio). Da tenere conto, poi, che tutti i casi di bracconaggio vengono trattati a parte in una sezione dedicata.
La domanda che campeggia sul sito ufficiale dovrebbe interrogare le coscienze di tutti: “Chi è più pericoloso, un cinghiale o un cacciatore? 79 vittime non sono l’effetto di uno scontro con un cinghiale…”. E ancora: “Gli autori di queste sparatorie pare siano indifferenti anche alla loro stessa incolumità, figuriamoci che rispetto possono avere per i propri simili, ancor meno per l’oggetto delle loro mire. Animali domestici impallinati sull’uscio di casa, bambini a passeggio con la famiglia colpiti, ciclisti, fungaioli, runner, coltivatori… ancora nel bersaglio. E nell’indifferenza dei media e delle istituzioni.
Si continua a far finta di niente, i tg non ne parlano, la gente non sa cosa succede e cosa succederà prossimamente. Questo stato di allerta continua sfianca non solo chi sa ed è preposto ai controlli, ma anche e sopratutto chi si trova a casa propria in mezzo al fuoco incrociato di una battuta al cinghiale”. Ben 22 persone (6 i non cacciatori morti e 16 i non cacciatori feriti), in questa Caporetto, erano estranee a doppiette e bossoli.
Guardando la tabella riassuntiva delle vittime provocate dalla caccia dal 2007/2008 ad oggi il computo totale è di ben 1667 (stime comunque in difetto) di cui 1231 feriti e 436 morti.
All’interno del sito, poi, si possono trovare puntualmente anche i casi di bambini vittima di caccia e anche gli animali domestici la cui vita è stata spezzata dai proiettili.
Incidenti di caccia? L’Associazione rifiuta questa dicitura fin dal 2007, quando ha iniziato ad operare a livello nazionale ponendo, per prima, l’attenzione sul problema sicurezza in rapporto all’esercizio dell’attività venatoria e ai rischi che questa comporta. L’Associazione Vittime della Caccia si prefigge fra le sue finalità di operare concretamente per il supporto alle vittime o ai loro familiari, e per la prevenzione di danni causati dall’attività venatoria; di offrire il necessario supporto ai cittadini che intendono difendersi da coloro che esercitano l’attività venatoria in qualsiasi forma e modalità essa venga operata; di tutelare la pubblica salute, attraverso la prevenzione dei danni causati dall’attività venatoria. La pubblica salute è intesa nella sua accezione più ampia (ovvero qualità della vita, sicurezza e serenità per il normale svolgimento delle proprie attività quotidiane); la tutela del patrimonio faunistico ambientale; l’ottenimento o la modifica di norme e regolamentazioni per la tutela dell’ambiente, delle persone e degli animali; l’abolizione della caccia, anche attraverso la necessaria gradualità in ambito politico-legislativo; interventi finalizzati ad escludere danni ai lavoratori agricoli o ai cercatori micologi soggetti al pericolo derivante dall’uso delle armi in attività venatoria; interventi atti a scongiurare i danni al turismo e agli escursionisti; la promozione o acquisizione di ricerche o di analisi tecnico-scientifiche; il sostegno ai metodi incruenti di contenimento per le specie ritenute strumentalmente “in esubero o nocive”; la diffusione di un’educazione ambientale e civica nelle scuole; la promozione di aree protette e oasi naturalistiche; interventi diretti o indiretti con gli enti locali, per la tutela delle persone, dell’ambiente e degli animali, nonché della proprietà privata.
Non chiamiamoli per favore incidenti di caccia…
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