Non c’è pace per Edison, proteste per il gas anche a Brindisi
Edison senza pace. Non arride alla compagnia guidata dal ceo Nicola Monti e controllata dal Gruppo Électricité de France il progetto Small Scale Gnl con il quale ha provato a istituire in Italia la prima catena logistica integrata di approvvigionamento, trasporto su navi metaniere di piccola taglia, stoccaggio e distribuzione di gas naturale liquefatto. Dopo la prima tappa a Ravenna con il Gruppo Pir e un deposito costiero da 20 mila metri cubi, la strada è diventata tutta in salita. Bloccato il progetto con Q8 nel porto di Napoli ove si puntava ad una analoga capacità, rifornita da navi metaniere e bettoline, che avrebbe stoccato il gas in un serbatoio verticale per consentirne il caricamento su autobotti, isocontainer e navi bettoline, prevedendo anche operazioni di bunkeraggio e di transhipment. Un progetto annunciato ufficialmente nel 2020 e avversato in maniera generalizzata in città, naufragato mesi fa per il no congiunto del Mase e del ministero della Cultura dopo proteste e denunce per due anni, come L’identità ha ripetutamente raccontato. La catena, dopo Ravenna, prevedeva Napoli, Oristano e Brindisi. Del progetto in Sardegna non si conosce ancora l’esito, essendo necessaria al momento una nuova Via, essendo evidentemente risultata insoddisfacente quella già acquisita nel 2017. Più chances sembrava custodire la tappa pugliese della catena di Edison a Brindisi, forte di tutte le possibili autorizzazioni da incassare per far prendere il via ad un progetto di deposito costiero con una capacità di stoccaggio di circa 17 mila metri cubi nella banchina Costa Morena Est del porto, con una banchina attrezzata per consentire lo scarico di Gnl e il caricamento di navi bettoline e autobotti. Niente da fare. A Brindisi, se non è scoppiata finora una rivolta popolare generalizzata, lo si deve forse solo al caldo della stagione estiva. I toni sono di denuncia, anche se l’ex sindaco Pd Riccardo Rossi (contrario nel 2021) richiama con il sito web BrindisiReport anche quelli della farsa e della commedia. Motivo del contendere? Una torcia di 45 metri che dovrebbe elevarsi dall’impianto e che oggi tutti sembrano scoprire all’ultimo minuto quando invece, pare, fosse da sempre prevista. Tutti contro. L’elenco è lungo: Autorità di sistema del mare Adriatico meridionale, Cgil Brindisi, Legambiente, Italia Nostra, Wwf, Forum Ambiente Salute e Sviluppo, Medicina Democratica, Salute Pubblica, Anpi, Arci, Emergency di Brindisi, Nac, No Tap/Snam, con le associazioni pronte a scendere in strada il 24 agosto prossimo. A Brindisi è l’apoteosi della sindrome Nimby e di quella Nimto: non nel mio giardino, non durante il mio mandato elettorale. Perché la vicenda impegna anche l’amministrazione locale oggi in carica, guidata da pochi mesi dal rieletto Giuseppe Marchionna (fu sindaco negli anni ’90), da giovane nel Psi e a capo di una coalizione di centrodestra composta da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Partito Repubblicano e due liste civiche. Le fibrillazioni e i distinguo, anche in questa parte della politica locale. I motivi del no alla torcia di Edison? Tutti quelli possibili, nello scenario delle proteste cui l’Italia ci ha abituato. Questioni paesaggistiche, questioni di sicurezza, questioni economiche legate alla logistica e alla portualità. Con il corollario della “mancanza di condivisione”, un refrain della hit delle polemiche. L’investimento Edison per Brindisi, il più consistente degli ultimi 15 anni sul territorio, è di 120 milioni. Il rischio è che vada perduto.
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