Non basta cantare“Bella Ciao”, preso il complice di Ilaria Salis
Cercasi compagni cercasi! È stato arrestato in Francia, dove era latitante, Rexino Arzaj detto “Gino”, accusato di essere complice di Ilaria Salis nei fatti avvenuti a margine delle contro-manifestazioni antifasciste alla “Giornata dell’Onore” neonazista a Budapest nel 2023. Ora è nel carcere di Fresnes e i giudici francesi devono decidere se estradarlo in Ungheria, che aveva emanato un mandato d’arresto europeo. E ora come si mette per l’amica Salis? Su X ha scritto: “Ancora una volta il tiranno Orban prova a calpestare i valori dell’antifascismo e dello stato di diritto. La mia vicenda dimostra chiaramente che, per Gino e per tutti gli antifascisti, in Ungheria non è possibile aspettarsi né un processo giusto né una detenzione che rispetti i diritti fondamentali. Auspico che la stessa energia collettiva che è stata in grado di liberarmi e riportarmi a casa possa incidere sulla realtà anche questa volta”. Parole in cui notiamo l’incoerenza di chi chiede un processo giusto, ma che al tempo stesso ha deciso, facendosi eleggere a Bruxelles con Avs, di aggirare la legge vestendo dei panni che oggi ha non per merito, bensì per uno squallido escamotage servito a lei e a una certa politica. Da parte dell’Ungheria è arrivata la richiesta di revoca dell’immunità parlamentare nei suoi confronti per poter eseguire il suo arresto, ma lei ha chiesto che questa venga respinta, sostenendo di essere vittima di un processo politico in cui la sentenza è già scritta. Giustizia dovrebbe essere fatta e non si tratta in alcun modo di un processo politico, perché picchiare qualcuno, di qualunque fazione politica esso sia, non è segno di ribellione, di manifestazione delle proprie idee, ma solo di barbara inciviltà. Non possiamo consentire che una persona come la Salis rappresenti l’Italia in Europa fin quando non verrà scagionata dalle accuse che al momento pendono su di lei. Si è sentita forse troppo al sicuro sfidando Orban a colpi di “Bella Ciao”? Non ha mai considerato nemmeno lontanamente l’ipotesi che il suo ritorno in Ungheria diventasse un qualcosa di concreto? Su una cosa però non si può dare torto a Ilaria e stiamo parlando di una detenzione che rispetti i diritti fondamentali di qualunque cittadino. Sia in Italia, che per gli italiani detenuti all’estero, non dovrebbero essere consentiti trattamenti disumani e degradanti che troppo spesso caratterizzano invece gli istituti penitenziari, in barba alla Costituzione e al sacrosanto principio di una pena riabilitante. Se Ilaria Salis tornerà in Ungheria, dovrà essere premura del nostro Paese e di tutte le istituzioni assicurarsi che non venga penalizzata per quanto da lei fatto finora. La salute e i diritti non hanno bandiera e colori politici, e nulla che si avvicini al concetto di ritorsione dovrà mai prevalere sulla salute di Ilaria Salis.
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