Noi non siamo come Quelly
EMANUELE FIANO BARBARA POLLASTRINI ELLY SCHLEIN SEGRETARIA DEL PD LUIIGI SBARRA SEGRETARIO GENERALE CISL SILVIA ROGGIANI
Bonaccini ha il dono di Cassandra. Riesce a prevedere il futuro. Era il 25 febbraio quando il candidato alla segreteria del Pd recitò: “Se vincesse Schlein, non credo che ci sarebbe una scissione, ma intravedo il rischio di tanti singoli abbandoni”. La fuga a sinistra di Elly accelera soltanto un processo, avviato da tempo. Il primo a lasciare la casa è Giuseppe Fioroni. L’ex ministro all’Istruzione del governo Prodi, senza pensarci troppo, fonda un proprio movimento. La seconda fuoriuscita, poi, è quella del fedelissimo renziano Andrea Marcucci. L’ex capogruppo al Senato manifestava mal di pancia dai tempi di Letta. Il cambio al vertice del Nazareno è solo il pretesto per dire addio e tornare dal vecchio capo. Il problema, però, è che la fuoriuscita dell’esponente di spicco di Base Riformista rompe un muro di gomma. Rappresenta una sorta di via libera per tutti quei centristi, stanchi di un Pd orientato troppo a sinistra. La dimostrazione plastica di ciò è proprio il passaggio di Enrico Borghi tra le file di Italia Viva. Quest’ultimo, senza troppi giri di parole, accusa la nuova segreteria di essere troppo “massimalista”. Parole durissime, considerando che stiamo parlando di chi fino a un mese fa dettava l’agenda all’interno del Nazareno. Le rassicurazioni di Graziano Delrio, ormai sempre più messo all’angolo, non consentono di dormire sogni tranquilli. Soprattutto tra i fedelissimi di Lorenzo Guerini, secondo i più il prossimo a fare i bagagli e cambiare aria, c’è un malcontento diffuso. Avrebbe già traslocato altrove l’eurodeputata Caterina Chinnici, orientata a sposare, secondo “il Foglio”, la causa di Silvio Berlusconi. Le ultime esternazioni dei fedelissimi di Elly, durante le manifestazioni del 25 aprile, non tranquillizzano, chi non si ritrova col “foulard rosso” a cantare Bella Ciao. Benzina sul fuoco, poi, le s ultime uscite sulla maternità surrogata. I cattolici, per chi conosce bene i palazzi romani, sono a dir poco irati. Una cosa è certa, tali prese di posizione portano ossigeno solo a Italia Viva. Qualche malpensante ipotizzava che il partito di Renzi dopo la rottura con Calenda andasse in crisi. Lo strappo, al contrario, lo rafforza, considerando che con l’arrivo di Borghi al Senato ha anche quei senatori necessari per formare un gruppo autonomo senza i colleghi di Azione. Non è intenzione del giglio, però, rompere le federazione promessa ai cugini transalpini e su cui si ritroeverebbero anche radicali e movimenti civici come quelli di Moratti e De Luca.
Dopo le recenti scuse di Calenda, la lotta per la leadership è ormai diventato un aspetto secondario. La priorità è solo realizzare un soggetto moderato in grado di essere realmente alternativo a destra e sinistra. L’appello del vicepresidente di Renew Europe Nicola Danti vale più di mille parole: “Il nostro progetto va avanti, c’è posto per tutti i riformisti”. La verità è che tutti sanno che in Italia non ci sarà mai posto per il dominio degli estremi. Giuseppe Conte lo sa bene. Ecco perché dopo la svolta progressista del nuovo esecutivo dem, sarebbe pronto a togliere i panni del compagno per indossare quelli del democristiano. Questa è l’unica strada per sopravvivere. Gli elogi alla premier, in occasione del 25 aprile, sono un chiaro segnale in tal senso. Quelli di sinistra sono già andati via dal M5S o sono in procinto di farlo. Serve, quindi, svoltare subito e candidarsi come stampella per Meloni. Qualora la Lega dovesse mollare FdI, perché le alleanze non durano in eterno, i voti pentastellati diventerebbero oro per la premier. Il problema, però, che tale strategia combacia al cento per cento con quella di Renzi, disponibile a dare man forte a Giorgia e interessato a diventare il portavoce della cosiddetta “opposizione responsabile”. Considerando i malanni del leone Silvio, non è detto che molti forzisti possano sposare la causa di chi vuole diventare il Macron tricolore.
Dopo le recenti scuse di Calenda, la lotta per la leadership è ormai diventato un aspetto secondario. La priorità è solo realizzare un soggetto moderato in grado di essere realmente alternativo a destra e sinistra. L’appello del vicepresidente di Renew Europe Nicola Danti vale più di mille parole: “Il nostro progetto va avanti, c’è posto per tutti i riformisti”. La verità è che tutti sanno che in Italia non ci sarà mai posto per il dominio degli estremi. Giuseppe Conte lo sa bene. Ecco perché dopo la svolta progressista del nuovo esecutivo dem, sarebbe pronto a togliere i panni del compagno per indossare quelli del democristiano. Questa è l’unica strada per sopravvivere. Gli elogi alla premier, in occasione del 25 aprile, sono un chiaro segnale in tal senso. Quelli di sinistra sono già andati via dal M5S o sono in procinto di farlo. Serve, quindi, svoltare subito e candidarsi come stampella per Meloni. Qualora la Lega dovesse mollare FdI, perché le alleanze non durano in eterno, i voti pentastellati diventerebbero oro per la premier. Il problema, però, che tale strategia combacia al cento per cento con quella di Renzi, disponibile a dare man forte a Giorgia e interessato a diventare il portavoce della cosiddetta “opposizione responsabile”. Considerando i malanni del leone Silvio, non è detto che molti forzisti possano sposare la causa di chi vuole diventare il Macron tricolore.
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