Nella dimora delle sirene: la Baia di Ieranto
Nella dimora delle sirene: la Baia di Ieranto.
Il Golfo di Napoli scrigno di arte, cultura e leggende regala borghi pittoreschi e panorami che tolgono il fiato.
di ANGELA ARENA
Dominato dalla suggestiva ed inquietante presenza del Vesuvio, il Golfo di Napoli rappresenta uno scrigno di arte, cultura e leggende scandite, nel corso dei secoli, dalle promiscue ed arcaiche civiltà che hanno attraversato per mare e per terra questi luoghi paradisiaci, incantando i più grandi poeti e scrittori di tutti i tempi: “Da quanto si dica, si narri, o si dipinga, Napoli supera tutto: la riva, la baia, il golfo, il Vesuvio, la città, le vicine campagne, i castelli, le passeggiate… Io scuso tutti coloro ai quali la vista di Napoli fa perdere i sensi!”, così il filosofo e drammaturgo tedesco Goethe, padre dello Sturm und Drang, corrente letteraria a cavallo tra l’Illuminismo ed il Romanticismo, scriveva nel febbraio del 1787, durante il suo soggiorno partenopeo.
Infinite sono, infatti, le meraviglie che caratterizzano gli oltre 200 chilometri di questa spettacolare insenatura; un patrimonio materiale ed immateriale unico al mondo e sorprendentemente tangibile nelle rovine di Pompei, Ercolano, Stabia, nel Parco Sommerso di Baia alle pendici del Vulcano, nell’ Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, nel Parco Archeologico dei Campi Flegrei e che, tuttavia, rappresentano solo una piccola parte della ricchezza storica e naturalistica di questi luoghi. Non c’è da stupirsi se anche un mito del cinema come Robert De Niro, di recente in tour con il suo yacht di 108 metri nel Golfo di Napoli, si sia letteralmente dichiarato innamorato di questa terra.
Poche mete turistiche al mondo sono, infatti, in grado di colpire ed affascinare i propri visitatori come questo incredibile tratto costiero, laddove, in un alternarsi di borghi pittoreschi e panorami mozzafiato, lo sguardo si perde nell’ammirare alcune delle isole che tutto il mondo ci invidia tra cui Capri, Ischia e Procida.
Ed è proprio all’estremità meridionale di questo magnifico litorale affacciato sul mar Tirreno, partendo dal Monte di Procida fino a Punta Campanella, nella Penisola Sorrentina, che ha sede un territorio incontaminato dove la storia e la letteratura si fondono con il mito.
Abitato prima dai Greci, che ivi eressero un tempio alla dea Atena, ed i cui resti sono tutt’oggi visibili e poi dai Romani, quest’area, attualmente parte di una zona marina protetta gestita dal FAI, è avvolta da un alone leggendario che affonda le sue radici in un lontano passato celebrato nell’Odissea circa 3000 anni fa: secondo Plinio il Vecchio, fu esattamente nelle sue acque cristalline che Ulisse di ritorno verso Itaca, avrebbe incontrato e schivato il canto delle sirene Partenope, Leucosia e Ligia, che per il dispiacere si pietrificarono, tramutandosi nelle tre piccole isole de “Li Galli”, “Castelluccio” e la “Rotonda”.
Diverse sono le testimonianze storico-letterarie che riconducono alla presenza, in questa zona, delle terribili creature dalla divina bellezza, che attraverso soavi vocalizzi avrebbero ammaliato i marinai provocandone il naufragio: il geografo greco Strabone che visse nel I secolo a. C. affermava al riguardo “A chi supera il promontorio si presentano alcune isolette deserte e rocciose che si chiamano Sirene” ed ancora nell’Eneide,
Virgilio fa riferimento proprio all’avvicinarsi della nave “agli scogli delle Sirene, un tempo rischiosi e biancheggianti per le molte ossa”. Ed invero, i numerosi naufragi avvenuti all’incrocio con le “Sirenuse”, il nome con cui Strabone identificò l’area, sono documentati dalla enorme mole di reperti rinvenuti casualmente su quei fondali, come descrive Antonio Parlato nel suo “Ulisse e le sirene di Positano”.
I panorami mozzafiato: la Baia di Ieranto
Posto a 250 metri sul livello del mare, il promontorio citato da Strabone, invece, è la Baia di Ieranto, dal greco ieros, ovvero luogo sacro, perché tale era considerato dai Greci.
Sebbene agli inizi del ‘900 la cala fosse utilizzata dall’Italsider come villaggio minerario per l’estrazione della calce, attualmente essa custodisce un raro e tutelato tesoro di biodiversità, un luogo ameno raggiungibile solo a piedi, attraverso un sentiero lungo circa 2 km che da Nerano, frazione di Massa Lubrense, piccolo borgo di pescatori, passa davanti a Villa Rosa, dove visse Norman Douglas, scrittore britannico autore della “terra delle Sirene”. Tra antiche coltivazioni di agrumi e terrazzamenti di ulivi, dominati dalle cinquecentesche torri difensive di Montalto e Campanella, che rimandano a vicende di pirateria saracena, il sentiero si conclude su una spiaggia con una vista unica: i Faraglioni di Capri, il profilo della Costiera Amalfitana e l’arcipelago de “Li Galli”, le Sirenuse appunto, così come sono conosciute nella lingua inglese: the Sirenusas.
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