Nel Sud-Est asiatico una catastrofe: difficili i soccorsi nel Myanmar della giunta militare
La situazione nel Sud-Est asiatico, in particolare in Myanmar e Thailandia, dopo il devastante terremoto del 28 marzo, è a dir poco critica. La parola “emergenza” caratterizza tutto anche a distanza di due giorni, in particolare per le informazioni che provengono dall’area, mai direttamente complete ed ufficiali eppure fortunatamente pervenute in qualche modo ai media internazionali, innanzitutto grazie alle organizzazioni umanitarie che vi operano da anni. Ma il sisma e i suoi morti già scendono nei “primi piani” dei media online.
Uno dei bilanci tracciati riferisce di oltre mille morti e almeno 2mila e 500 feriti ma i dispersi sono centinaia, forse migliaia e decine di migliaia, perciò da 48 ore le stime di una catastrofe umanitaria. I danni alle abitazioni sono incalcolabili, in ogni ora ci sono lanci di agenzia che riferiscono del ritrovamento di decine di corpi tra le macerie, come quelle che a catena hanno raccontato di cadaveri di bambini in più parti dell’area ritrovati sotto le scuole crollate.
La situazione più devastante, nel Sud-Est asiatico, è quella nel Myanmar guidato da una giunta militare che anche in queste gravissime circostanze non ha interrotto i suoi attacchi a quanti la contrastano. Un fattore che ostacola non poco il via concreto dell’annunciata macchina dei soccorsi internazionali.
Una delle voci da subito levatasi su questa tragedia del Sud-Est asiatico è quella di Guido Calvi, responsabili progetti di Avsi: “In Myanmar la situazione era già drammatica, ora ci prepariamo al peggio”.
“Nel Paese – ha fatto sapere Calvi – ci sono già più di un milione e mezzo di sfollati. Siamo presenti in Myanmar dal 2007 e dal 2021 impegnati in progetti di emergenza e sviluppo nelle aree interessate dal conflitto”. Dal 2021, ricorda l’ong, “la popolazione del Myanmar subisce le conseguenze del colpo di stato militare. Il 70% della popolazione birmana vive nelle aree rurali in cui, quotidianamente, avvengono scontri e bombardamenti che costringono le persone a lasciare le proprie case per cercare rifugi vicino alla foresta. Molti giovani vivono nascosti per evitare di essere reclutati dall’esercito per via della legge marziale che vige nel Paese. Spesso la connessione a internet è interrotta e questo isola ulteriormente il Myanmar dal resto del mondo. I prezzi sono elevati e le file per acquistare il cibo lunghissime. Se, prima del colpo di stato solo l’8% della popolazione ricorreva agli aiuti umanitari, dal 2021 una persona su due ne ha bisogno. La linea di estrema povertà è stimata dalla Banca Mondiale attorno ai 2 dollari al giorno, in Myanmar la media di guadagno è di 1 dollaro. Significa che, quando hai la fortuna di lavorare, sei comunque più povero di ciò che è considerato povero nel mondo”.
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