Nel cuore della Campania Felix: Oplontis tra presente e passato
“Ho già chiesto ad Arpac di effettuare nuovi prelievi, a breve dovremmo tornare alla normalità” così, il sindaco Corrado Cuccurullo dopo aver siglato, giovedì 22 agosto, l’ordinanza che sanciva il temporaneo divieto di balneazione su tutto il litorale antistante Torre Annunziata: oltre al punto Nord Foce Sarno, rientravano nell’interdizione anche le aree lido Azzurro, spiaggia molo di ponente e villa Tiberiade.
Revocato il 26 agosto, il provvedimento era scattato nel pieno della stagione turistica, ovvero all’indomani dell’indagine ARPAC del 19 agosto, secondo cui sarebbero stati “Sforati i limiti dei parametri microbiologici” a causa degli elevati valori di enterococchi intestinali ed escherichia coli rinvenuti attraverso i periodici prelievi nelle acque di Oplontis, toponimo con cui la cittadina Vesuviana era chiamata dai romani prima dell’ eruzione del 79 d. C. che la rase al suolo come attestala Tabula Peutingeriana, copia medioevale di un’antica mappa delle strade italiane dell’Impero Romano.
In questa piccola insenatura situata alle pendici del Vesuvio ed estesa per circa 6 chilometri tra Capo Oncino e lo scoglio di Rovigliano che la chiude a nord nella cosiddetta zona rossa, ovvero quella a maggior rischio di catastrofe nel caso di ripresa dell’attività eruttiva, erano infatti ubicate le residenze estive dei patrizi dell’epoca, che contrariamente ai dati attuali, era scelta soprattutto per i suoi impianti termali.
Insieme a Stabia, Ercolano, Pompei, anche Oplontis era parte dei siti più fiorenti della Campania Felix che, solo dopo un millennio dall’eruzione, il 19 settembre 1319, riprese a svilupparsi intorno alla chiesa dell’Annunciata.
Il “pagus suburbanus Pompei”, così definita da Plinio il Giovane poiché, in epoca imperiale era considerata un sobborgo di Pompei, è un territorio completamente pianeggiante costituito principalmente da materiale vulcanico, come è possibile desumere dall’arenile completamente composto di sabbia nera che, a partire dal 1964 ha restituito importanti testimonianze archeologiche di epoca romana come la Villa di Lucio Crasso Tertius, la Villa di Caio Siculi e la lussuosa Villa a picco sul mare di Poppea Sabina che, al momento dell’eruzione era disabitata: a causa del terremoto avvenuto nel 62 d. C., molti elementi, tra cui anche colonne e lucerne erano stati accantonati in poche stanze.
L’attribuzione di quest’ultima residenza, oggi patrimonio UNESCO, alla seconda moglie dell’imperatore Nerone si deve, in particolare, alla presenza di un’iscrizione dipinta su un’anfora indirizzata a Secundus, liberto dell’avvenente quanto crudele ed ambiziosa imperatrice, poiché, secondo gli storici istigò il debole marito ad uccidere la madre Agrippina.
Ed invero, leggendaria fu la straordinaria bellezza di Poppea, che la stessa curava con erbe, unguenti ed essenze inebrianti e, famoso nell’immaginario collettivo resta il suo bagno nel latte d’asina, di cui ancora oggi è in uso, in molti centri benessere, la preziosa ricetta.
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