Nazioni Unite, è arrivato il tempo di combattere il “terrore russo”
Onu per tutti e tutti per l’Onu. Era questo il senso del preambolo della Carta delle Nazioni Unite, sottoscritta a San Francisco il 26 giugno 1945. “Noi popoli delle nazioni unite” siamo “determinati per salvare le generazioni successive dal flagello della guerra” e “stabilire le condizioni alle quali sia possibile mantenere la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e da altre fonti del diritto internazionale”.
A rileggere queste parole, oggi, a distanza di quasi ottant’anni, c’è da chiedersi quale sia ancora il ruolo che l’Onu esercita. E quali poteri può effettivamente mettere in campo per difendere quei principi. “La guerra di invasione russa dell’Ucraina ci racconta esattamente questo” ha sottolineato il nostro Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nell’intervento tenuto a settembre all’Assemblea Generale. “Che di fronte a chi vorrebbe riportarci al tempo delle guerre di dominio e di stampo neo-imperialista del quale pensavamo di esserci liberati nel secolo scorso, la ragione può ancora avere la meglio”.
Lo stesso ha ribadito pochi giorni fa il Rappresentante permanente della Francia, Nicolas de Rivière, presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, sottolineando come l’aggressore dell’Ucraina continui a prendere di mira le infrastrutture civili, le centrali elettriche, le scuole e gli ospedali. “Un programma chiaro volto a spaventare la popolazione civile, contrariamente al diritto internazionale” ha aggiunto, per cui “la comunità internazionale dovrebbe fare tutto il necessario per riportare la pace nella regione”.
Da tempo si parla di riformare il sistema di decisione dell’Onu, bloccato com’è dal veto dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. L’assetto cristallizzato all’esito del conflitto, concluso ottant’anni fa, dimostra di essere completamente inadeguato a risolvere le contemporanee controversie internazionali. C’è la necessità, invece, di un Consiglio di Sicurezza più rappresentativo a livello regionale, trasparente ed efficace, con una distribuzione geografica dei seggi più equa. Un primo risultato si è raggiunto con l’elezione dei nuovi cinque giudici della Corte internazionale di giustizia.
Dal prossimo febbraio, infatti, nessun rappresentante del paese aggressore dell’Ucraina siederà nella Corte. Basterà questo a ripristinare i principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite? Di recente il Vice Rappresentante Ceco presso l’ONU, Lucie Hindlsova, è stato molto esplicito nel condannare l’atteggiamento tenuto dal paese presieduto da un ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra, Vladimir Vladimirovic Putin. “La Cechia si rammarica di ogni perdita di vite umane causata dalla guerra illegale e insensata di aggressione russa contro l’Ucraina” ha scritto la Hindlsova al presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, replicando così alla pretestuosa richiesta di convocazione fatta dal rappresentante del paese aggressore dell’Ucraina, per la risposta subita a Belgorod alla fine dello scorso anno. Oggi il Consiglio di Sicurezza si riunirà sull’invio di missili Nord Coreani, usati dall’aggressore russo per bombardare civili e ospedali in Ucraina.
La risoluzione 377-A “Uniting for Peace” stabilisce che quando il Consiglio di Sicurezza, per mancanza di unanimità tra i membri permanenti, non agisce come richiesto per mantenere la sicurezza e la pace internazionale, l’Assemblea Generale può deliberare a maggioranza l’uso della forza armata per mantenere o ripristinare la sicurezza e la pace internazionale. Approvare proprio oggi una nuova risoluzione come questa sarebbe un primo segnale politico, molto rilevante. Per ribadire che uniti si può vincere il terrore perpetrato da uno stato. Per salvaguardare quei principi sanciti ottanta anni fa dalla Carta dei popoli delle nazioni unite. Ancora oggi pienamente validi.
di FRANCESCO NICOLA MARIA PETRICONE
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