Nazionalpopolari a tutti i costi
Dal 4 giugno su Netflix è disponibile Ricchi a tutti i costi. Si tratta del sequel di Natale a tutti i costi, sempre diretto da Giovanni Bognetti e sempre con Christian De Sica e Angela Finocchiaro. Il primo film fu un grande successo durante le vacanze natalizie del 2020, complice forse anche tutta l’amarezza accumulata durante la pandemia. La famiglia Delle Fave, ora in versione estiva, è alle prese con una sostanziosa eredità che rischia di finire in mano a Nunzio, il giramondo nuovo fidanzato della nonna (uno spumeggiante Ninni Bruschetta che in questa versione ricorda il suo Duccio di Boris). Nunzio non solo è l’ex fiamma della figlia Anna (cringe) ma è anche un improbabile drammaturgo con un passato costellato di ex mogli più grandi, facoltose e misteriosamente decedute. Anna insieme al marito e ai due figli trentenni, Emilio (Claudio Colica) e Alessandra (Dharma Mangia Woods), parte alla volta di Maiorca per sabotare le nozze della madre ottantasettenne, a tutti i costi. Questo un po’ il tema centrale: cosa siamo disposti a fare per salvare la vita di una persona cara ma (soprattutto) i 6 milioni di euro della sua eredità?! I Delle Fave arrivano a pianificare l’omicidio/finto avvelenamento/finto suicidio di Nunzio. Il film ha, come prevedibile, le pretese di una commedia nazionalpopolare all’italiana, niente di più niente di meno. Una commedia in alcune scene effettivamente divertente, anche se sono scene che vanno a sbattere sempre sui soliti cliché sessisti come il desiderio sessuale di una donna over 50 (che suscita disgusto e quindi ilarità), il rapporto di coppia tra quella stessa donna e un uomo più giovane, e il fatto che, OVVIAMENTE, l’uomo più giovane stia con lei solo e soltanto per i soldi. Altri topoi comici sono l’eredità della vecchia (again) agognata da tutti i familiari, e la figura del latin lover che viaggia, si gode la vita, medita ma perché fondamentalmente non è una persona seria ma un truffatore nullafacente. Forse la gag più carina (perché la meno offensiva) è quella in cui padre e figlio, seduti sull’aereo, parlano in codice dell’omicidio come della “sagra di Ceccano”. Vale il film anche il cameo di Darko Peric, l’indimenticabile Helsinki de La Casa di Carta.
Christian De Sica – per quanto bravo, simpatico, iconico; per quanto mi piaccia e gli sia affezionata – interpreta sempre lo stesso ruolo, sempre con le stesse parolacce, sempre con lo stesso stile di recitazione. Non si esce dal selciato, non ci si emancipa mai dalle famose battute alla Vacanze di Natale (“C’ho na socera zoccola”) volgari, maschiliste e non più efficaci da almeno 15 anni. Questo (anche) perché, per quanto sia ancora lui non è più il De Sica degli anni ’90: ora interpreta ruoli da padre di famiglia ben oltre la mezza età e seppur la sua maschera che alterna bon ton artefatto a ironia romanaccia faccia sempre ridere, quelle volgarità e quei doppi sensi hanno fatto il loro tempo e non gli stanno più bene addosso.
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