Adl l’ammazza-sette: tra Napoli e Bari fa strage di allenatori
Altro che commedie e cinepanettoni: tra Napoli e Bari, per Adl, questa è una stagione da horror. Eppure da record. Mai nessuno come Aurelio De Laurentiis che, in un solo campionato, tra Tirreno e Adriatico, ha cambiato sette, dicesi sette, allenatori. A Napoli, dopo l’esperimento col violino maledetto di Rudi Garcia, c’è stata l’operazione nostalgia con Walter Mazzarri. Fallita anche questa, è cambiata l’operazione ma non la nostalgia e sulla panca azzurra s’è accomodato Francesco Calzona. Tecnico part-time, dal momento che è Ct della Slovacchia, con la virtù d’esser stato collaboratore di punta di Sarri prima e Lucianone Spalletti poi. Ma pure questa scelta non sembra aver funzionato. Nell’ultima in casa, gli azzurri hanno impattato contro il Frosinone. È vero, i ciociari, quest’anno, sono bestia nera, il Babau del Ciuccio scudettato. Che proprio a causa della truppa Di Francesco ha dovuto abbandonare anzitempo la Coppa Italia. I gialloblù guadagnano un punticino pesante in chiave salvezza e condannano la banda (adesso) agli ordini (sicuri?) di Calzona a salutare forse definitivamente l’unica Europa che conta, quella della Champions. I numeri, nel confronto tra l’anno dello Scudetto e questa stagione, sono talmente sconfortanti che ricordarli è un esercizio di inutile crudeltà.
L’anno passato, a Napoli, si visse d’arte (pallonara) e poesia. Leggere, per credere, “Il Napoli e La Terza Stagione”, il racconto letterario di Gianni Montieri di quella cavalcata iniziata tra le contestazioni e le proteste e finita con una città imbandierata, gioiosa e orgogliosa. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Oggi si vive di ricordi e di indignazione, di promesse e di calciomercato che verrà. Insomma, dalla gioia dello scudetto ai fischi, inesorabili, del San Paolo-Maradona.
Se Napoli piange, Bari non c’ha proprio niente da ridere. E se possibile, sta messa anche peggio. I galletti, un anno fa, vivevano una stagione che li portò a un colpo di testa (di Pavoletti a tempo scaduto nella finale playoff di B) dal tanto sognato, agognato, desiderato, ritorno in Serie A. Oggi rischiano seriamente di precipitare in Serie C. La retrocessione è più di un fantasma per una squadra che era partita con l’obiettivo dichiarato di centrare la promozione e che, a una manciata di giornate dalla fine, è riuscita a guadagnare la miseria di due punti nelle ultime otto partite. In mezzo, le infelici parole di Aurelio sulla “seconda squadra” che a Bari hanno causato un’autentica rivolta popolare contro la famiglia del bigamo Adl. Uno score più esangue di Nosferatu che ha convinto la società a falciare l’ennesimo allenatore. Dopo aver iniziato la stagione con Michele Mignani (esonerato), il Bari s’è affidato a Pasquale Marino (esonerato anche lui) per poi virare sull’inossidabile Beppe Iachini. Che non è riuscito a risollevare il Bari, precipitato nei bassifondi della classifica. Ora Luigi De Laurentiis l’ha giubilato. E ha piazzato in panchina Federico Giampaolo (fratello di Marco, ex allenatore della Samp e del Milan), preso direttamente dalle giovanili. Quattro allenatori a Bari, più tre a Napoli: il totale è sette. Siamo ancora lontani dai numeri record della buon’anima di Maurizio Zamparini, autentico “serial killer” di allenatori che finì, in una sola stagione (2015-16) e con un solo club (il Palermo), a cambiarne addirittura nove. Ma la strada è tracciata. Aurelio De Laurentiis è diventato un ammazzasette. Ma non nel senso che avrebbe voluto lui.
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