Nadef, piove sul bagnato: giù il Pil, su il debito
GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO
Tanto tuonò che piovve. La crescita italiana rischia una frenata brusca. E il governo è costretto a segnare i nuovi dati di previsione per il Pil, sicuramente meno entusiasmanti di quelli precedenti. I numeri che emergono dalla Nadef, la nota aggiuntiva al bilancio, che sarà discussa oggi pomeriggio in consiglio dei ministri, sono ancora buoni. Purtroppo, non sono altrettanto buoni quanto quelli di cui si ragionava solo qualche mese fa. E dalle nuove cifre emerge come sia necessario, per il governo, trovare immediatamente un accomodamento in Europa, portare a casa un Patto di stabilità meno rigido di quello che sogna la Bce per evitare conseguenze peggiori.
Ecco i numeri. Che raccontano i fatti meglio di tutto il resto. La previsione della crescita del Pil italiano per il 2023 iscritta nella Nadef è pari a un aumento dello 0,8 per cento. Non c’è da disperarsi. Considerando la decrescita che ha attanagliato tutta l’eurozona, Germania compresa, era più che prevedibile. Resta, però, il rammarico. Ad aprile, infatti, nel documento di economia e finanza si prevedeva una crescita pari a un intero punto percentuale. È peggiore, se possibile, la stima per il Pil del prossimo anno. L’obiettivo, o meglio la previsione, stimava una crescita dell’1,4%. Una performance che, oggi, è più un sogno che una possibilità. E nella Nadef, la stima per il 2024 si ridimensiona in maniera decisa. Se tutto andrà bene, l’Italia crescerà dell’1 per cento. Più di quest’anno, meno di quanto si sperava. Sia per questo che per il prossimo.
Meno crescita, significa meno spazio per la manovra. E dal momento che incombe, sulle casse dello Stato, lo spettro del Superbonus e quello dell’aumento dei tassi che renderà più caro (le stime, avvalorate dallo stesso ministro Giorgetti, parlano di un esborso aggiuntivo da quantificare tra i 14 e i 15 miliardi di euro) per l’Italia (e per gli altri Paesi) finanziarsi sui mercati, elaborare una legge di bilancio che sia abbastanza ampia per dare soddisfazione alle diverse istanze che arrivano da partiti e corpi sociali, rischia di restare un’utopia.
Ma non c’è solo il problema, già grave di per sé, di non aver a disposizione abbastanza fondi per far tutto. No. C’è la questione del rapporto debito-Pil che, con l’avvento del nuovo Patto di stabilità, tornerà, di prepotenza, a occupare l’agenda politica ed economica del governo. Le stime della Nadef non sembrano abbastanza entusiasmanti. Ad aprile, nel Def, le stime parlavano di un rapporto pari pari al 4,5%. Adesso, all’inizio dell’autunno, le cifre restituiscono il quadro di un indebitamento più pesante. Stando ai numeri che si leggono nella nota aggiuntiva al Def, infatti, il rapporto debito-Pil è salito in un range che oscilla tra il 5,3% e il 5,5%. Un intero punto percentuale. Un problema gigantesco per un Paese già pesantemente indebitato come il nostro. Al ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, saranno fischiate le orecchie quando Christine Lagarde, in audizione davanti alla commissione Econ, ha chiesto di far presto con il nuovo Patto miri a incentivare la produttività e, contestualmente, a eliminare, gradualmente, il livello di debito pubblico dei Paesi membri.
Insieme ai numeri, però, emergono anche alcune delle priorità del governo in ambito economico. Una di queste riguarda il sostegno agli under 36 per l’accesso al credito. E, in particolare, per accendere mutui finalizzati all’acquisto della prima casa. La proroga che li interesserà durerà per altri tre mesi.
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