Politica

PRIMA PAGINA-Movimenti al centro. Anche in Parlamento

di Giuseppe Ariola -


C’è un vuoto enorme al centro e questo vale sia da un punto squisitamente politico che a guardare la composizione e, soprattutto, la consistenza dei gruppi parlamentari. Una circostanza della quale c’è consapevolezza oramai da tempo e che non sembra essere destinata a un’inversione di rotta a stretto giro. Il passaggio, o meglio, il ritorno di Enrico Costa tra le truppe parlamentari azzurre dopo aver dato l’addio ad Azione ne è solo l’ultima conferma in ordine di tempo. La percezione, sempre più diffusa, è che ci sia una vera e propria voragine nello spazio politico che separa Giorgia Meloni da un lato ed Elly Schlein dall’altro. Un vuoto che l’alleanza nata poco prima delle elezioni e finita pochi mesi dopo l’inizio dell’attuale legislatura tra Matteo Renzi e Carlo Calenda non è stata in grado di colmare. Anzi, come dimostra il caso di Enrico Costa, questa esperienza è stata totalmente fallimentare. Solo una settimana fa, invece, è toccato a Luigi Marattin salutare Italia Viva per iscriversi al gruppo Misto. E il paradosso è che più i partiti che hanno cercato di imporsi sulla scena politica al centro, attraverso un Terzo Polo, tendono a guardare a sinistra e più perdono pezzi, specialmente a favore dell’altra parte del campo. Che nel centrodestra la tradizione più autenticamente moderata e liberale sia incarnata da Forza Italia è fuori discussione, ma che le politiche di maggioranza e governo siano – come è ovvio e giusto che sia – orientate verso una tradizione più conservatrice è altrettanto indubbio. Non a caso il rapporto tra alleati non è sempre tutto rose e fiori e i momenti di frizione non sono pochi, soprattutto quando in ballo ci sono i diritti. Sarà per i valori che tradizionalmente animano gli azzurri, sarà per come gli eredi di Silvio Berlusconi, a partire dalla figlia Marina, si sentono su certi temi più vicini alla “sinistra di buonsenso”, resta il fatto che Forza Italia prova spesso a piantare dei paletti pur non riuscendo a poi a fissarli. È stato così per il decreto carceri, per le questioni afferenti al settore della giustizia in generale, per lo ius scholae, per la sospensione della pena per le detenute madri e rischia di essere così anche per la tassa sugli extraprofitti delle banche che vede il Pd su posizioni più simili a quelle di Forza Italia di quanto non lo siano gli alleati di centrodestra. Ma in questo contesto, fino a quando Forza Italia riuscirà a essere attrattiva per i moderati e a rappresentare in un qualche modo il mondo del centro? Finché l’ambito resta quello parlamentare il gioco è tutto sommato facile, visto il precipizio del quale non si intravede la fine che separa la destra dalla sinistra, ma risultare attrattivi nel Paese è una cosa differente. Attrattivi e credibili. Lo sanno bene proprio gli ex centristi Renzi e Calenda che alle elezioni europee hanno toppato alla grande. Inoltre, chi è al governo, per risultare credibile, deve portare a casa dei risultati, non basta dire la propria e poi ingranare puntualmente la retromarcia in nome dell’unità della coalizione o della tenuta del governo. Di certo rimpolpare i gruppi parlamentari è importante, ma per puntare a un elettorato garantista bisogna riuscire ad approvare provvedimenti in cui non si ravvedevano tracce di giustizialismo. Per avere un riscontro in termini di consenso sul tema dei diritti occorre essere protagonisti di norme che ne amplino l’ambito e il perimetro, non solamente annunciarle. Forza Italia ha giustamente accolto con entusiasmo il ritorno di Enrico Costa nel gruppo alla Camera – dettato dall’attenzione rivolta da Azione al campo largo -, ma oltre ad aumentare numericamente in Parlamento il centro moderato e liberale deve crescere nei risultati. A prescindere che quest’area si sviluppi nel centrodestra con Forza Italia o che, come pure qualcuno immagina, soprattutto dopo l’incontro tra Marina Berlusconi e Mario Draghi, inizi a configurarsi altrove, resta un vuoto politico che va riempito passando dalle parole ai fatti.


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