“Lo spirito di Pratica di Mare” e la politica estera di Berlusconi
Silvio Berlusconi lascia un segno indelebile non soltanto nella politica e nelle istituzioni del Paese ma anche a livello di politica estera. Il quattro volte presidente del Consiglio ha avuto un ruolo da protagonista negli scenari globali e ha saputo portare avanti una sua visione geopolitica ben precisa, con al centro gli interessi e il ruolo strategico dell’Italia. Il tutto ovviamente nei limiti del possibile, ancorato com’era all’atlantismo e all’Unione europea.
La politica estera di Berlusconi era un riuscito efficace mix di alleanze strategiche e rapporti personali. Lui che andava a braccetto con gli altri grandi della Terra, ha sempre guardato un po’ più in là dell’orticello nazionale. Sempre nell’ottica dell’interesse del Paese. Berlusconi d’altronde è stato protagonista di grandi, epocali cambiamenti per l’Occidente e per il mondo. Anni in cui l’Italia guidata dai suoi governi ha sempre guardato anche alla sponda sud del Mediterraneo, al Medio Oriente e ha intessuto un importante dialogo con la Federazione Russa. Le grandi capacità unite all’indubbio carisma hanno dato forza e prestigio all’azione di Berlusconi in politica estera. Azione che ha comportato anche dei rischi ma che ha sempre cercato di essere incisiva, di dar voce agli interessi nazionali.
Tra tutte le alleanze, quella che più ha pesato nella politica estera di Berlusconi è stata indubbiamente quella con gli Stati Uniti, rinsaldata anche da rapporti personali ai massimi livelli, a partire dall’amicizia con il presidente George W. Bush. In cambio di questa amicizia, i governi Berlusconi hanno inviato i nostri militari nelle missioni in Afghanistan e Iraq, diventando centrali anche nel sistema della Nato.
Non dimentichiamoci che Berlusconi ha parlato al Congresso degli Stati Uniti in sessione plenaria. Questo nonostante la sua amicizia personale più criticata, quella con il presidente russo Vladimir Putin. In tal senso è stato fondamentale il suo impegno nell’apertura dell’Occidente verso la Federazione Russa. Al contempo Berlusconi ha promosso e sostenuto i legami tra Italia e Russia sul fronte energetico e degli scambi commerciali.
La visione geopolitica di Berlusconi si è concretizzata nel successo più importante a livello di politica estera: il vertice di Pratica di Mare del 2002. Da quel summit nella base dell’Aeronautica militare alle porte di Roma è nato il documento “Nato-Russia Relations: A New Quality”. Obiettivo: costruire un rapporto di fiducia tra Occidente e Russia. Sulla base degli eventi di allora e della postura internazionale di Usa, Nato e Russia di allora. A sugellare il tutto, l’impegno contro il terrorismo internazionale. Alla base di quella firma è indubbio che ci fosse anche l’amicizia di Berlusconi sia con Putin che con Bush. Certo, la storia è andata diversamente: i rapporti tra Usa e Russia sono via via peggiorati. Anche perché l’Occidente non ha voluto di fatto integrare la Federazione russa. Lo “spirito di Pratica di Mare” fu sconfessato, sotterrato da Mosca e Washington con politiche estere sempre più aggressive e contrapposte.
Sul fronte del Nord Africa e mediorientale la politica estera di Berlusconi è stata molto incisiva, sempre in un’ottica di difesa degli interessi nazionali. Anche qui peso rilevante hanno avuto i rapporti personali, a partire da quello con Gheddafi, grazie al quale l’Italia aveva stretto un patto con la Libia prima che la guerra facesse cadere il regime e lasciasse il Paese nordafricano nel caos. Accordi su gas, flussi migratori e infrastrutture seppelliti dalle macerie della guerra civile. E dalle ingerenze di altre potenze occidentali, a partire dalla Francia. Altri importanti legami sono stati quelli con l’Egitto ma soprattutto con la Turchia e Israele. In un cambio di rotta epocale della politica estera italiana, per decenni più filo araba, Berlusconi ha stretto un legame profondo con lo stato ebraico – è stato il primo premier italiano a parlare alla Knesset nel 2010. Con la Turchia, invece, è stato fondamentale il suo legame – ancora una volta – di amicizia con il presidente Recep Tayyip Erdogan. Da questo rapporto personale è nato anche un rinnovato legame commerciale e strategico tra Italia e Turchia. Berlusconi, che è stato invitato al matrimonio del figlio di Erdogan in qualità di testimone, è più volte intervenuto per mediare tra le richieste del leader turco e gli alleati Nato o l’Ue. Berlusconi inoltre è stato un precursore della partnership tra Ankara e Ue per l’ampliamento della Ue nei Balcani occidentali. Processo che sta iniziando a concretizzarsi soltanto ora.
La postura internazionale di Berlusconi, del suo partito e dei suoi governi è sempre stata atlantista, filo-Ue, ancorata alle radici cristiane d’Europa, con Forza Italia a pieno titolo nel Partito popolare europeo, e nel solco del papato di Giovanni Paolo II prima e di Benedetto XVI poi. Ciononostante, quella stessa Ue così importante per Berlusconi ha contribuito alla sua caduta quando diciamo lo stato dei conti pubblici e del debito sovrani erano tali da giustificare l’arrivo del governo tecnico di Mario Monti.
L’ultima grande azione di politica estera di Berlusconi è stata quella nel solco della pace e della via diplomatica alla soluzione della crisi ucraina. In pieno conflitto, il leader di FI ha avuto il coraggio di proporre una soluzione alternativa al sostegno militare di Kiev da parte di Ue e Italia. “Non abbiamo leader nel mondo, non abbiamo leader in Europa. Un leader mondiale che doveva avvicinare Putin al tavolo della mediazione gli ha dato del criminale di guerra (il presidente Usa Biden, ndr) e ha detto che doveva andare via dal governo russo. Un altro, segretario della Nato ha detto che l’indipendenza del Donbass non sarebbe mai riconosciuta. Capite che con queste premesse il signor Putin è lontano dal sedersi ad un tavolo. Temo che questa guerra continuerà, siamo in guerra anche noi perché gli mandiamo le armi, adesso dopo le armi leggere mi hanno detto che gli mandiamo carri armati e cannoni pesanti, lasciamo perdere, cosa significa tutto questo? Che avremmo dei forti ritorni dalle sanzioni sulla nostra economia e ci saranno danni ancora più gravi in Africa e allora è possibile che si formino delle ondate di profughi e questo è un pericolo derivante dalla guerra in ucraina. Bisogna pensare a qualcosa di eccezionale per far smettere a Putin la guerra”. Era maggio dell’anno scorso. Da allora la situazione è peggiorata, con il rischio di un intervento della Nato diretto in Ucraina e di un conflitto nucleare sempre più concreto.
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