Terrore in spiaggia: 32 morti a Mogadiscio
Dietro la carneficina in spiaggia, a Mogadiscio, c’è la mano insanguinata di Al Shabaab, il movimento terroristico legato ad Al Qaida che, da diciassette lunghissimi anni, concorre al caos in cui è precipita la Somalia. La rivendicazione dell’attacco a Lido Beach, avvenuto nella serata di venerdì scorso, è arrivata da una radio ritenuta vicina agli ambienti islamisti. L’attacco è costato la vita a 32 persone, 63 invece sono rimaste ferite. Si è trattato di un vero e proprio blitz. Un uomo, imbottito di tritolo, si è fatto esplodere all’ingresso del Beach View Hotel, uno dei luoghi più affollati della “movida” nella capitale somala mentre un altro gruppo di terroristi ha tentato, contestualmente, di assaltare l’albergo arrivando a sparare direttamente sulle persone che, in quel momento, si stavano godendo una giornata in spiaggia. Le forze dell’ordine hanno immediatamente ingaggiato un conflitto a fuoco coi terroristi, uccidendone almeno sei (oltre al kamikaze che s’è fatto esplodere). Lido Beach era già finita, un anno fa, nel mirino dei terroristi islamici. Con ogni evidenza, l’accaduto rischia di avere ripercussioni importanti nell’area del Corno d’Africa. Già, perché pochi giorni fa il governo somalo aveva avviato il terzo step del ritiro delle truppe dell’Unione africana dislocate in Somalia proprio per garantirne la sicurezza. La missione di pace Atmis, che conta su truppe di Kenya, Uganda, Burundi, Gibuti ed Etiopia, sta per finire e i soldati smobiliteranno entro dicembre. Nei giorni scorsi s’è registrato il terzo step per il ritiro di Atmis dalla Somalia. Ma il governo locale ha già chiesto ulteriori aiuti. Che passano dall’Unione europea, tra i principali sponsor della missione internazionale nel Corno d’Africa. L’Ue ha condannato fermamente l’attacco e l’alto rappresentante Josep Borrell ha puntato il dito contro la “barbarie” di Al Shabaab che colpisce “i suoi stessi connazionali”. Ma da Mogadiscio chiedono, ora, aiuti e fondi per combattere il terrorismo in uno scenario tanto instabile quanto strategico. E non soltanto per l’Africa.
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