Politica

Migranti, Cremaschi: “Solo muri nell’Europa di Ursula Von Melonen”

di Edoardo Sirignano -

GIORGIO CREMASCHI POLITICO


“Un’Europa con una sanità efficiente, uno Stato sociale, avendo 500 milioni di abitanti, non avrebbe alcuna difficoltà ad accogliere i migranti”. A dirlo Giorgio Cremaschi, tra i fondatori di Potere al Popolo e già presidente del Comitato Centrale della Fiom.

Immigrazione, più di qualcuno sostiene che l’Italia è stata lasciata sola. È davvero così?

È solo una narrazione. La verità è che siamo di fronte a un orrore che tocca tutta Europa. Questa risponde, senza alcuna distinzione, con muri e polizia. Non c’è alcuna differenza tra esecutivi di destra, sinistra o centro. C’è un governo unico ben rappresentato da Ursula Von Melonen.

L’Italia, però, ha qualche problema in più?

Il nostro muro, purtroppo, è nel Mediterraneo. È, quindi, più complicato da costruire. Nel mare, poi, ci sono più norme a favore degli esseri umani. Abbiamo tanto criticato Piantedosi quando dopo Cutro ha parlato di “carichi residuali”. Voglio, però, ricordare che nel 2021 la presidente della commissione Ue chiamò quelli che morivano di freddo al confine della Polonia “armi improprie”. Siamo di fronte a quella che Hanna Arendt chiamò la banalizzazione del male.

Chi pagherà il costo di tutto ciò in Europa?

I muri saranno pagati dai poveri. La politica delle frontiere chiuse, del siamo già troppi, serve a coprire lo smantellamento dello Stato, la principale conquista europea. Dopo che si tagliano i servizi pubblici e si abbattono i salari, l’Europa tenta di fare scaricabarile utilizzando i migranti. Vale quanto detto da Shawn Fein, il rivoluzionario sindacalista americano dell’automotive. Questo sostiene che, negli ultimi 40 anni, i miliardari hanno preso tutto, mentre i poveri litigano per le briciole.

Una soluzione potrebbe essere rivedere i principali Trattati?

Vanno fatti saltare per aria. Tutto ha origine da Maastricht. Se la Bce, con una crisi senza precedenti, aumenta i tassi, è chiaro che il male è da una sola parte e si chiama Unione Europea.

Perdono, intanto, i corpi intermedi, come appunto i sindacati. Secondo l’ex segretario della Cisl Bonanni, questi ultimi non sono al passo con i tempi. È d’accordo?

Bonanni è stato segretario della Cisl dal 2006 al 2014. Sono gli otto anni nei quali il sindacato italiano ha sommato le peggiori disfatte. Cgil, Cisl e Uil si sono distinte per l’indiscussa passività verso gli esecutivi Prodi, Monti e Berlusconi. Bonanni, pur non sapendo come la pensa oggi, rappresenta quel gruppo dirigente colpevole del disastro in cui sono precipitati i lavoratori italiani. I politici vanno giudicati sulle leggi, mentre i sindacati dovrebbero essere giudicati per gli accordi che firmano.

Come si è comportato, in tal senso, il sindacato italiano?

Negli Usa si è avuto il coraggio di mettere in discussione il modello Marchionne, di cacciare i dirigenti compromessi. Ricordo, invece, che in Italia nel 2010/2011 a Pomigliano e Fiat fu imposto quel modus operandi. Allora Fiom e sindacati di base erano contrari, mentre Pd, destre e appunto i sindacati confederali. Nel nostro Paese, hanno sempre preso il sopravvento moderatismo e complicità. Ciò ha fatto bene, però, a chi si è riuscito a piazzare nei Cda, non a chi è rimasto senza tutele.

Cosa ne pensa di quella Cgil, che per il suo ex collega della Cisl sciopera con la destra e tace col Pd?

All’epoca di Bonanni la Cgil non ha scioperato mai, né con Prodi, né con Berlusconi, né con Monti. Così come in politica è una favola quando si dice che il Pd è un partito di sinistra, stesso discorso vale per chi considera l’associazione presieduta da Landini radicale. La Cgil è un sindacato ultramoderato che predica bene e razzola male. Landini mentre fa proclami per la sanità pubblica firma contratti nei quali introduce o allarga lo spazio per il privato.

Cosa dovrebbero fare, invece, le associazioni di categoria?

Dovrebbero innanzitutto rivendicare. I sindacati americani chiedono aumenti del 40 per cento, in Francia si è lottato contro la riforma delle pensioni. Cosa chiedono, invece, i grandi sindacati nazionali, compresa la Cgil? A parte qualche discorso da Miss Italia o sulla pace nel mondo, nessuno mette in discussione i rapporti con Confindustria, di portare avanti piattaforme in cui si chiedono almeno trecento euro di aumento per i contratti, di bloccare le fabbriche dove ci sono precarietà.


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