Meluzzi: “Bene Meloni. Giusto vietare i social a chi non sa fare uso della propria libertà”
ALESSANDRO MELUZZI PSICHIATRA
“Bene Meloni. Giusto vietare i social a chi non sa fare uso della propria libertà”. A dirlo Alessandro Meluzzi, psichiatra, saggista ed ex parlamentare.
Cellulari e minori, vietare o educare?
Vietare radicalmente è sostanzialmente impossibile. Educare è fondamentale, ma occorre farlo con intelligenza e buona educazione, avvalendosi sia degli strumenti della persuasione, quelli del ragionamento e della logica che della dissuasione, ovvero quelli della punizione. La sospensione dell’uso della rete e dei social per coloro che hanno commesso reati minorili, ad esempio, mi sembra uno strumento utile.
Un giovane condannato, quindi, non può usare Facebook e Instagram…
I social dovrebbero essere vietati a chi non sa fare uso della propria libertà.
È giusto affidare la sorveglianza al genitore che rischia una multa oppure non è sufficiente?
Ritengo che il genitore sia la prima linea educativa. Quando la famiglia rinuncia e abdica a questa funzione, pensando di demandarla a operatori sociali esterni, ancor più segretati allo Stato, credo che si entri in una situazione dispotica. La famiglia deve avere la capacità di dire no, di imporre scelte. Ha il dovere di apparire coesa, anche tra le due figure genitoriali. Quando va in crisi e apre fessure importanti è chiaro che la vulnerabilità del minore aumenti.
Il cellulare, intanto, assume un ruolo sempre più centrale. Giusto dargli tutta quest’importanza?
È diventato una protesi. Attraverso il cellulare passano le immagini, le icone, le informazioni e anche l’autovalutazione di sé attraverso i like. Ciò non è una cosa positiva perché sterilizza i rapporti interpersonali, quelli veri, fisici. Si rischia di andare verso un’evoluzione dove probabilmente avremo un microchip impiantato nel cervello.
È possibile, oggi, fare a meno degli smartphone?
È una scelta coerente e possibile solo per persone molto mature. Se non fosse per il mio cellulare e il vivavoce, non potrei fare un’intervista in autostrada.
Stesso discorso vale per i social. Se vengono usati, in modo corretto, non rappresentano un pericolo…
C’è un problema di educazione e leggi. L’educazione è la prima linea del dovere ed è quella che passa attraverso la morale e l’etica. Quando queste, legate agli aspetti della coscienza, superano certe soglie si entra nella dimensione dell’illegalità e le cose diventano sempre più drammatiche.
Come giudica gli ultimi fatti di cronaca…
Non sono mai per drammatizzare! Nella storia umana c’è sempre un’onda lunga per la quale fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. In questa dimensione della comunicazione, ci sono aspetti negativi e positivi, pur essendo questi ultimi meno rumorosi.
I giovani di oggi sono più violenti di quelli di prima?
Non è detto. Se guardiamo ai reati violenti, come omicidi, rapine e stupri, gli episodi di violenza sono diminuiti. Lo dicono le statistiche. Nel mondo patriarcale-contadino il femminicidio era più diffuso di oggi. Il problema attuale, invece, è questa strisciante depressione che regna tra i giovani. Spinoza avrebbe detto che appartiene al mondo delle passioni tristi, dove tutto appare velato da un grigiore. L’opacità, però, trasmette una visione, forse peggiore, di quella che è la realtà oggettiva.
Quali sono le cause di questo grigiore?
Mancano le passioni, gli ideali, molte prospettive. Forse per la prima volta una generazione si è trovata con la percezione che la sua vita sarebbe stata peggiore di quella delle generazioni che l’hanno preceduta. Mancano punti di riferimento. C’è una specie di stupefazione che rende le cose automatiche, anziché vitali. Tendono a scomparire il merito e il demerito. Ciò rende tutto grigio, anziché bianco, nero o colorato.
Mancanza di determinati valori e istruzione sono direttamente proporzionali. Prima le famiglie che non mandavano a scuola i rischiavano 30 euro. Oggi, invece, si potrebbe arrivare a due anni di carcere…
Sono d’accordo perfino all’educazione parentale, soprattutto in un’epoca dispotica come la nostra. L’importante è che ci siano luoghi e forme in cui i giovani vengano educati. Se nelle scuole passa solo la cultura Lgbt, del far vestire i bambini maschi da femmine e viceversa, c’è un problema. Se tutti i valori della nostra tradizione, non soltanto cattolica-biblica, ma anche greca, romana, classica, vengono calpestati dal generico, dall’indistinto e dal caotico, allora è utile ripartire da zero.
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