Editoriale

Meloni sconfessa Ventotene nel reality dello stupore

di Dino Giarrusso -


In Italia negli ultimi anni va di moda l’espressione “dal grande libro dello stupore”, ad indicare qualcosa di scontato che tutti però commentano quasi fosse sorprendente. Anche questa, come tutte le frasi fatte, annoia presto e provoca un senso di fastidio. Ma come commentare altrimenti le parole di Giorgia Meloni sul Manifesto di Ventotene? Come è possibile essersi ridotti ad un tale punto di assenza della capacità d’analisi (e della conoscenza della storia), da stupirsi e indignarsi perché Giorgia Meloni critica il Manifesto di Ventotene, ne legge furbescamente i passi ai suoi occhi più invisi, ribadisce la sua contrarietà ed estraneità a “quell’Europa”? Ma cosa immaginavate, cari stupefatti? Che la premier, la leader di Fratelli d’Italia, esaltasse le sue affinità col socialismo internazionalista auspicato da Spinelli? Pensavate che la già presidente di Azione Giovani si dichiarasse entusiasta di quel manifesto, scritto da antifascisti italiani al confino? L’accorato intervento del deputato Fornaro è comprensibile, e a tratti certamente condivisibile, ma aumenta l’impressione di vivere in un reality, dove ciascuno recita un ruolo in commedia e non si occupa né del contesto né della realtà, impegnandosi invece a ritagliarsi uno spazio, un titolo, un lancetto di agenzia, un quarto di minuto di notorietà. Ma peggio, molto peggio, del dibattito parlamentare che per lo meno ha la bellezza della spontaneità e della passione dialettica, ci sono i commenti sui social e sui giornali online, che evidentemente sono frequentati da abitanti del pianeta Plutone, giunti in Italia per la prima volta, e stupefatti dalle nostre dinamiche interne. Cari marziani, cari colleghi illustri e riveriti, dobbiamo rivelarvi una cosa importante: in Italia c’è per la prima volta alla guida del governo una donna. È la leader di un partito di destra, fortemente di destra, ed ha vinto le elezioni con un programma di destra e candidati di destra. Ha come alleati un partito che in Europa sta con la Le Pen, la Lega, ed uno che invece sta nel PPE, Forza Italia, storicamente collocato a destra dal suo fondatore. Il Presidente del Senato Ignazio La Russa è fortissimamente di destra, molti ministri sono orgogliosamente di destra, e purtroppo ci sono pure molti nostalgici (come ha ben raccontato l’inchiesta di Fanpage sui giovani di FdI) che sostengono Giorgia Meloni. Con l’ostentazione fiera delle proprie radici, col proprio passato connotato come pochi altri, con il tormentone urlato “Io sono Giorgia! Sono italiana! Sono cristiana!”, la segretaria di FdI ha stravinto le elezioni del 2022 ed oggi oscilla -secondo tutti i sondaggi- fra il 27 ed il 30% dei voti.
L’opposizione può legittimamente -e aggiungiamo deve, visto che è il suo compito- attaccare la maggioranza e la presidente del Consiglio. Ci sono tante cose su cui Meloni deve accelerare, tanti errori del Governo in carica, tante mancanze e promesse non mantenute, leggi taglio delle accise: l’opposizione deve incalzare il governo e chiedere (ottenere, possibilmente) di più.
Ma a cosa serve invece urlare quando una leader esplicita e rivendica le proprie radici politiche ed ideologiche, come ha sempre fatto negli ultimi 35 anni? L’effetto straniante che nasce da questo dibattito non è banale, e dovrebbe accomunarci tutti. Perché la polemica quotidiana passa, la sensazione dolorosissima di assistere ad uno spettacolo di intrattenimento con maschere fisse, che non modificherà d’una virgola le nostre vite, invece resta. E fa male.


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