Giorgia Meloni, da madre, sogna un mondo senza più ideologia che approccia al problema dell’energia con pragmatismo, senza escludere il nucleare e con la consapevolezza che, allo stato attuale, “non c’è altra alternativa ai combustibili fossili”. Nel Festival delle grandi promesse e delle cupe previsioni che è la Cop29 di Baku, la premier italiana porta un po’ di realismo: “Dobbiamo avere una visione realistica. Abbiamo bisogno di un equilibrio e di un processo di transizione, dobbiamo usare tutte le energie a nostra disposizione, non solo le rinnovabili, anche i bio carburanti e la fusione nucleare”, spiega Meloni riservando una stilettata all’Ue a trazione tedesca che, invece, punta tutto (solo) sugli e-fuels. “Raggiungere un valido compromesso – ha sottolineato Meloni – richiede la condivisione delle responsabilità, il superamento delle divisioni tra le nazioni sviluppate e le economie emergenti e in via di sviluppo”. La premier italiana è così tornata sull’argomento che forse più le sta a cuore, ossia il Piano Mattei: “L’Italia intende continuare a fare la propria parte. Stiamo già assegnando all’Africa gran parte del budget di oltre quattro miliardi di euro del nostro Fondo per il clima, e continueremo a sostenere iniziative come il Fondo verde per il clima e il Fondo per le perdite e i danni, nonché a continuare promuovere il coinvolgimento delle Banche Multilaterali di Sviluppo”. Ma la lettura che Meloni fa della situazione attuale è un po’ più complessa e affonda le radici nella realtà. Che ci dimostra un clamoroso cambio di paradigma: le imprese non temono più il cuneo fiscale, il costo del lavoro ma le bollette: “La decarbonizzazione tenga conto della sostenibilità dei nostri sistemi produttivi e sociali. Dobbiamo proteggere la natura avendo al centro l’uomo. Un approccio troppo ideologico e poco pragmatico su questo tema rischia di portarci fuori dalla strada del successo. La neutralità tecnologica è l’approccio giusto, poiché attualmente non esiste un’unica alternativa alla fornitura di combustibili fossili. Dobbiamo avere una prospettiva globale realistica. La popolazione mondiale raggiungerà gli 8,5 miliardi entro il 2030 e il Pil globale raddoppierà nel prossimo decennio. Ciò – afferma Meloni tirando in ballo un altro (grande) tema della contemporaneità – aumenterà il consumo di energia, considerando anche la crescente domanda di sviluppo dell’intelligenza artificiale”. La ricetta è semplice: “Abbiamo bisogno di un mix energetico equilibrato per favorire il processo di transizione. Dobbiamo utilizzare tutte le tecnologie disponibili. Non solo rinnovabili, ma anche gas, biocarburanti, idrogeno, cattura della Co2 e, in futuro, la fusione nucleare che potrebbe produrre energia pulita, sicura e senza limiti. L’Italia è in prima linea sulla fusione nucleare”. Meloni rivendica una visione futuristica: “Sono una madre e come madre niente mi dà più soddisfazione di quando lavoro per politiche che consentiranno a mia figlia e alla sua generazione di vivere in un posto migliore”. Subito dopo il suo intervento, Meloni ha ripreso l’aereo e se n’è andata. Ciò la dice (molto) lunga sulla effettiva “utilità” della Cop di Baku. In cui non sono mancate polemiche. L’Iran ha accusato l’auditorio di ipocrisia e la vicepresidente Shina Ansari Hamedani ha fatto notare che fino a quando saranno applicate sanzioni internazionali che per Teheran sono “illegali e unilaterali” nonché “ingiustificate e irrazionali”, il Paese non potrà accedere alla transizione verde né in termini di finanziamenti né, soprattutto, di tecnologie. A cominciare dal nucleare.
Nel frattempo, all’assemblea è giunto l’appello del Papa a “condonare” il debito dei Paesi poveri. Ventiquattro anno dopo la celebre hit di Lorenzo Jovanotti (“Cancella il debito”, ricordate?), è il pontefice a farsi latore della richiesta in favore del Sud del mondo: “Esiste un debito ecologico tra il Nord e il Sud globale, è essenziale una nuova architettura finanziaria internazionale basata sui principi di equità, giustizia, solidarietà in modo da assicurare il rispetto della dignità di tutti i Paesi, specialmente i più poveri e vulnerabili ai disastri climatici”. E quindi il solito appello intriso di retorica colpevolista alle nazioni ricche “affinché riconoscano la gravità di tante delle loro decisione passate e decidano di condonare i debiti di Paesi che non saranno mai in grado di ripagarli”. Le parole del Papa, lette all’assemblea della Cop 29 dal cardinale Pietro Parolin, spiegano, più di ogni altra cosa, perché la Francia e la Germania abbiano disertato l’appuntamento, trascinando con sé anche l’Unione europea.