Cinque mesi dall’arresto e subito la “collaborazione”: parla con i magistrati (insieme con tre camorristi locali) l’ex assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Caivano Carmine Peluso, già attento negli interrogatori a negare uno scambio di soldi con i clan. Dove non può completamente vincere il “decreto Caivano” del governo Meloni, funziona il metodo di Gratteri. Il procuratore della Repubblica di Napoli coordina l’inchiesta condotta dalle pm Giorgia De Ponte, Francesca De Renzis, Anna Frasca e Rosa Volpe che hanno notificato 25 avvisi di conclusione delle indagini. Un metodo vincente almeno per raccontare l’ennesimo episodio di un malaffare che non è solo parto dello strapotere della camorra, risultando solo l’ultima puntata di una opacità connaturata ad un’inesistente, se non eterea, “classe politica” locale.
In sei anni dal precedente commissariamento del 2018, il territorio del Comune di 35mila abitanti nel Napoletano che in Campania, con Pomigliano d’Arco, nel 2021 era stato considerato il laboratorio dell’intesa tra Pd e 5Stelle – ancora non si chiamava campo largo -, non ha espresso “eletti” tra i quali non mancassero personaggi pronti a vendersi, nel giro di poco tempo, al “sistema” delle mazzette e delle gare truccate per spartirsi milioni di euro. Anelli determinanti, come Peluso e i suoi sodali, nella gestione vera di un’amministrazione locale, quella che decide sui fondi da spendere per le opere pubbliche.
Protagonista centrale e organico di questo “sistema” che ora l’ex assessore illustra, una camorra che pensa, come fa da tempo in Campania, al business piuttosto che ai morti ammazzati nelle strade. Antonio Angelino, 66 anni, detto Tibiuccio, viene arrestato il 9 luglio dell’anno scorso in una villetta di Castel Volturno fittata per lui da un agente della polizia municipale di San Cipriano d’Aversa. Tre giorni dopo don Maurizio Patriciello gli aveva scritto una lettera (“Perché lo hai fatto?”), inavvertito dei disegni più concreti di un boss che aveva capito talmente bene come operare sul territorio di Caivano, molle e privo di un’autorevole governance, da aver addirittura, durante l’emergenza sanitaria per il Covid, lanciato un suo welfare personale, un “banco alimentare” per i bisogni della gente.
Un evidente terreno di scambio di favori con i cittadini, lo strumento per allettare politici da imbeccare: lo stesso ex assessore Peluso ha ammesso negli interrogatori un vantaggio elettorale per lui, nell’essere “perno” del sistema politico-affaristico che nel Comune di Caivano, tra lui e gli altri due esponenti politici locali vicini a Italia Viva arrestati con lui, aveva trovato il modo di spartirsi una torta di 20 milioni di euro e più. A partire dai fondi Pnrr, ancora una volta la sigla che finisce nelle inchieste sul malaffare e sulla corruzione, prova provata di monitoraggi e controlli dalle maglie sempre troppo larghe.
L’anno scorso, all’atto delle dimissioni dei consiglieri comunali che avevano condotto al commissariamento del Comune, una nota locale di Forza Italia definiva il sindaco Enzo Falco “bugiardo, ipocrita e demagogo” per aver voluto vincere a suo tempo le Comunali assemblando “ex comunisti, comunisti, socialisti di sinistra, socialisti di destra, Partito democratico, liste del Terzo polo fino a farsi sostenere da un gruppo di destra”. Una stampella, in cambio di “incarichi e poltrone”. Falco, fin quando era stato sindaco, si era detto sempre “di sinistra” ma perfino pronto a dialogare con Giorgia Meloni, all’atto della disponibilità del governo ad appoggiare la riqualificazione di Caivano combattendone il degrado. E si lamentava di un Comune rallentato da “troppi scioglimenti e pochi funzionari”.
“Poco personale in servizio”: il lamento che diventa un refrain nelle amministrazioni locali, quando non si ha un’idea minima ed efficace per invertire la rotta del “non fatto”. Ovviamente, il sindaco Enzo Falco (estraneo alle indagini, ndr), non si era accorto di cosa facevano, fianco a fianco con lui in Comune, il suo assessore Carmine Peluso, i due politici locali e i “funzionari” stavolta presenti, ma “venduti” al sistema delle mazzette.