Maxiblitz a Palermo: i 181 arresti svelano la decadenza di Cosa Nostra
“Il livello è basso, oggi arrestano a uno e si fa pentito, arrestano un altro… livello misero, basso, ma di che cosa stiamo parlando?… Io spero sempre nel futuro, in tutta Palermo, da noi, spero nel futuro di chi sarà il più giovane … ti devi fare il cervello tant… perché noi dobbiamo crescere… A scuola te ne devi andare… Conoscerai dottori, avvocati, quelli che hanno comandato l’Italia, l’Europa… Per dire quando si parla dei massoni, i massoni sono gente con certi ideali ma messi nei posti più importanti… Se tu guardi Il Padrino il legame che aveva … non era il capo assoluto… lui è molto influente per il potere che si è costruito a livello politico nei grossi ambienti… Noi che cosa possiamo fare? Ma tu devi campare con la panetta di fumo, cioè così siamo ridotti? Le persone di una volta, quelli che disgraziatamente sono andati a finire in carcere per tutta la vita, ma che parlavano della panetta di fumo? Cioè se ti dovevano fare un discorso di fumo, te lo facevano perché doveva arrivare una nave piena di fumo… Se tu parli con quelli che fanno business ti ridono in faccia: ’ma questo business è?’ Siamo troppo bassi, siamo a terra ragazzi, non a terra noi come zona, tutta Palermo è a terra… Noi pensiamo che facciamo il business, oggi sono altri. Dico eravamo prima noi, oggi lo fanno altri… quelli si fanno il business, noi siamo gli zingari”. È in questo lungo sfogo del 24 ottobre 2023 di Giancarlo Romano, figura emergente del mandamento mafioso di Brancaccio ucciso lo scorso 26 febbraio, che è delineata la decadenza di Cosa nostra, l’organizzazione criminale che ha insanguinato l’Italia con le stragi del ’92, quando ai vertici c’erano gli “uomini d’onore” in grado di incutere rispetto e paura, come lo erano i capi dei capi del calibro di Totò Riina, Bernardo Provenzano e il superlatitante Matteo Messina Denaro. La mafia di oggi, che nel corso degli anni ha tentato di riorganizzarsi ma che ha visto soffiarsi la scena internazionale dalla ‘ndrangheta, è un’accozzaglia di picciotti ignoranti, cresciuti tra Gomorra e cattivi influencer ma senza una visione per il futuro. Il mafioso assassinato, che puntava a scalare i vertici, cerca di dettare le linee per diventare grandi: le giovani leve dovevano ricevere un’adeguata formazione culturale affinché fossero all’altezza di ritornare ad interloquire, alla pari, con il potere politico ed economico. L’auspicio del criminale assassinato, però, è stato infranto ieri da una maxi operazione antimafia senza precedenti in tempi recenti, di quelle che non si vedevano dal 1984, quando, grazie alle dichiarazioni del pentito Tommaso Buscetta, lo Stato assestò il primo e più potente colpo contro Cosa nostra, con quei 366 mandati di cattura, eseguiti nella notte tra il 28 e il 29 settembre, nei confronti di vertici, affiliati e imprenditori, finiti tutti nello storico maxiprocesso di Palermo. Che aprì poi la scena ai Corleonesi e al periodo delle stragi, culminate con gli attentati ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma anche con la decapitazione della Cupola, crollata definitivamente con la cattura del superlatitante Messina Denaro il 16 gennaio 2023. Da quel momento i mandamenti di Palermo si erano riorganizzati, ma i carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno seguito le loro tracce. All’alba di ieri il blitz, con 181 persone arrestate, tra cui i vecchi boss scarcerati e già tornati in affari, a capo dei mandamenti di Porta Nuova, San Lorenzo, Bagheria, Terrasini, Pagliarelli. L’inchiesta ha fatto emergere che quei boss, anche dal 41bis, avevano a disposizione sofisticatissimi smartphone criptati in carcere, attraverso i quali partecipavano in video chiamata a summit mafiosi e organizzavano i traffici di droga. Addirittura uno degli arrestati, il capo di Porta Nuova Calogero Lo Presti, grazie al criptofonino, avrebbe assistito in diretta video al pestaggio di un rivale che il boss aveva commissionato alle nuove leve. Giovani che, con quei criptofonini non intercettabili, compravano le armi sul dark web. E potevano contare perfino su talpe che li avvisavano di blitz imminenti. “Io me ne vado.. L’Italia per noi è diventata scomoda, io me ne devo andare perché non intendo assolutamente perdere quello che ho creato fino ad oggi. Cominciate a farvi i passaporti”, avvertiva uno degli affiliati. Che invece è finito in cella con tutta la Famiglia.
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