Attualità

Marzia Sabella, ecco chi è la magistrata che ha chiesto la condanna di Salvini

di Giorgio Brescia -


Marzia Sabella è nata 59 anni fa a Bivona, un paesino in provincia di Agrigento circondato dai monti Sicani che oggi ha poco più di 3mila abitanti. La magistrata, procuratore aggiunto del capoluogo dell’isola, nell’aula bunker del tribunale di Palermo ove si celebra cinque anni dopo i fatti il processo per la vicenda ormai denominata Open Arms, ha chiesto la condanna a sei anni di carcere “oltre alle pene accessorie” per il leader leghista Matteo Salvini, nel 2009 ministro dell’Interno del governo guidato da Giuseppe Conte.

Lo ha fatto al termine di una requisitoria durata sette ore utilizzando – è stato notato – la stessa espressione usata da Salvini (“Ho difeso i confini”), intendendo affermare che vanno parimenti difesi quelli del diritto. E ha usato parole molto dure per rafforzare il senso della sua richiesta quando ha ricordato l’assenza nell’aula di quei migranti cui 5 anni fa il ministro intese impedire lo sbarco: “La maggior parte di loro è irreperibile, e non vuole dire essere criminale o fuggitivo. Ma significa essere senza casa e senza mezzi. L’assenza fisica, come il fatto di considerarli un insieme di migranti o peggio di clandestini, potrebbe non fare percepire il disvalore del fatto. Leggeremo, ad una ad una, i nomi di queste persone per ricordarle nella loro individualità, perché è anche per ciascuna di loro che chiediamo la condanna dell’imputato”.

Marzia Sabella, sorella di Alfonso Sabella che fece parte del pool antimafia guidato da Giancarlo Caselli a Palermo e, per un anno, fu assessore alla Legalità e al litorale di Ostia infiltrato dalla mafia nella giunta di Roma Capitale guidata da Ignazio Marino prima di dimettersi con altri provocandone le dimissioni, iniziò a lavorare nella Procura della Repubblica di Palermo dopo le stagioni delle stragi in cui furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Si distinse, al termine di lunghe indagini su casi di stupro e pedofilia per aver istruito interamente un processo per i casi di pedofilia di Ballarò al termine del quale ottenne una sentenza ritenuta il battistrada della legge contro la pedofilia.

Dal 2001 si occupò di mafia, nel 2006 unica donna nel pool che coordinò la cattura del boss Bernardo Provenzano. Nel 2011 contribuì alle indagini della Dda di Palermo che condussero alla cattura di Gaetano Riina, fratello del boss Salvatore.

Nel 2012 fu tra i pm del pool che lavorava sulle tracce del boss Matteo Messina Denaro, polemizzando insieme con i suoi colleghi contro il via di una maxi-operazione antimafia che, a loro avviso, intralciava l’operato del pool.

Dal 2013 fu distaccata a Montecitorio presso la Commissione parlamentare antimafia guidata dalla dem Rosy Bindi. Nel 2017 tornò alla Procura di Palermo come procuratore aggiunto.

Nel 2022 divenne reggente della Procura di Palermo, dopo la nomina di Francesco Lo Voi a capo della Procura di Roma e quella del vicario Salvatore De Luca a capo della Procura di Caltanissetta.

Nel 2023 il Csm le impedì di presentare al Salone del Libro il suo libro “Lo sputo” nel quale raccontava la vicenda della vedova di mafia Serafina Battaglia, a causa di un compenso lordo di 1.000 euro cui non aveva rinunciato per questo impegno.


Torna alle notizie in home