Maringiò: “Così Putin lo zar reietto può davvero diventare il mediatore tra Hamas e Israele”
“Così Putin lo zar reietto può davvero diventare il mediatore tra Hamas e Israele”
di EDOARDO SIRIGNANO
“Così Putin lo zar reietto può davvero diventare il mediatore tra Hamas e Israele”. A spiegarne il perché è Francesco Maringiò, presidente dell’associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta.
La nazione, considerata dal mainstream “nemico per eccellenza”, può diventare il paciere che non ti aspetti?
Lo ritengo possibile. A tal proposito, mi colpiscono alcuni fatti.
Quali?
Il primo è una notizia freschissima. Josh Paul, direttore dell’ufficio per gli affari politico-militari del Dipartimento di Stato, cioè l’uomo degli apparati americani che sovrintende la distribuzione delle armi, si dimette perché Washington starebbe dando aiuti letali a Israele. A sostenerlo il New Tork Times. Il secondo fatto, invece, avviene lo scorso lunedì. La Federazione Russa presenta al Consiglio di sicurezza dell’Onu una risoluzione in cui chiede un cessate il fuoco nel conflitto tra Israele e palestinesi. Gli Stati occidentali la rigettano, dicendo che non c’è una critica netta ad Hamas. Il Brasile, poi, presenta un’ulteriore proposta, in cui condanna esplicitamente il terrorismo, pur chiedendo il rispetto del diritto internazionale. Anche in questo caso, gli Stati Uniti la fanno saltare. A far riflettere, poi, la protesta nel Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani. La gran parte dei diplomatici presenti, quando interviene l’ambasciatrice degli Usa, le rivolge le spalle in segno di protesta contro i bombardamenti nella striscia di Gaza.
Esiste un comune denominatore tra questi indizi?
Ci dimostrano che gli Usa non possono svolgere alcun ruolo di mediazione. La loro politica, a mio parere, è sbagliata e scellerata. Sedersi da un lato del conflitto, individuando l’altra parte come nemico, è sbagliato. Gli errori commessi nella vicenda ucraina si ripetono in quella israeliana-palestinese. Non viene presa in considerazione alcuna delle ragioni, anche vitali, dell’altra parte.
Ci sono, però, altre nazioni che possono svolgere un ruolo di mediazione?
La Russia, in Occidente considerata reietto politico, ha tutte le carte, ad esempio, per svolgere un ruolo di mediazione.
Perché?
Ha legami storici e ben consolidati con il popolo palestinese, ma anche relazioni strette con Israele. L’Urss è stata tra i primi a riconoscere questo Stato, ma soprattutto non dimentichiamo che è stato un ex premier israeliano, pochi mesi fa, a rivelare al mondo intero una trattativa tra Ucraina e Federazione Russa, fatta saltare da Zelesnky su pressioni occidentali e inglesi. Ecco perché Mosca può essere fondamentale, così come la Cina.
Putin, però, non è amato ovunque. Potrebbe essere l’ostacolo nella trattativa?
Quello che deve essere il destino della Russia e del suo esecutivo è solo nelle mani del popolo russo. La frenesia che abbiamo in Occidente di decidere buoni e cattivi è un errore. Così la maggior parte della popolazione del sud del globo ci guarda di cattivo occhio. Per quanto concerne una trattativa politica e diplomatica per Israele, bisogna farlo obbligatoriamente col Cremlino. Se non ci sono entrambe le parti coinvolte, come si può mai pensare a una soluzione?
Negli ultimi giorni, rispetto a qualche mese fa, Mosca riapre il dialogo con Kiev. È un cambiamento casuale?
Non credo! Fuori dai riflettori dei media occidentali, i tentativi di mediazione sono stati fatti e come ci ha detto, appunto un ex premier israeliano, è stato l’Occidente a ostacolarli. Ciò non lo rende più credibile.
La guerra scoppiata in Medio Oriente, intanto, finirà a Gaza oppure andrà oltre?
Un primo obiettivo politico è stato raggiunto: far saltare o mettere in grave difficoltà il patto di Abramo. Il tentativo di isolare ulteriormente i palestinesi, aprendo a un’alleanza tra Israele, l’Arabia Saudita e altri è venuto meno. Non si può, dunque, pensare di confinare nella striscia di Gaza il conflitto. Tutte le piazze arabe già si sono mobilitate in solidarietà della popolazione palestinese. Ecco perché la diplomazia dovrebbe evitare l’espandersi delle ostilità e giungere a una tregua che consenta gli aiuti alla popolazione. È quello, invece, che una parte dell’Occidente sta impedendo.
Una collaborazione tra Mosca e i paesi del Maghreb, fondamentali per l’Europa sui migranti, potrebbe cambiare lo scenario?
La Russia ha una presenza in tanti Paesi dell’Africa, soprattutto nel Maghreb. In alcuni casi si tratta di rapporti storici, in altri più recenti. Non dimentichiamoci che la Russia, ad esempio, ha accresciuto la sua presenza in Libia. Mosca, come ha dimostrato l’ultimo vertice a Pechino, è tutt’altro che isolata. Non è un reietto.
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