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Sale: Marina Berlusconi. Cantami, o Sigfrido, della Berlusconi Marina l’ira funesta che infinite querele annuncia a Report. La Cav non ne può più, e dalle torto!, delle presuntissime nuovissime rivelazioni sui conti, vita e opere del di lei padre Silvio da parte di Ranucci e friends. Che rimestano sempre nel solito “bidone di accuse sconnesse, illogiche, già smentite mille volte”. Sempre la stessa zuppa “del peggior disservizio pubblico, che non danneggia soltanto la memoria di Berlusconi, ma tutti coloro che avrebbero diritto a un’informazione basata sui fatti, con l’aggravante di accanirsi su un uomo che, scomparso oltre un anno e mezzo fa, non può più difendersi. Basta pattume tv”. Cantami, o Sigfrido, dell’ira funesta.
Stabile: Paolo Gentiloni. Il già ineffabile piccolo mondo antico del giornalismo nostrano accoglie un’altra penna sferzante nel tinello buono di zia Repubblica. Paolo Gentiloni, che da quando c’è l’Ursula bis, che graziosamente come governò passò da verdi e socialisti a conservatori e popolari arrabbiati, s’è ritrovato come il vecchietto ai giardinetti, ha trovato altra occupazione. E poi dice che non è vero che gli Elkann ogni cosa che toccano, distruggono.
Scende: Angelo Bonelli. La premier fa i miracoli: ora converte i giustizialisti. Un uomo chiamato esposto. Il deputato che sussurrava al tribunale dei ministri. Pur di andare contro l’odiatissima Giorgia Meloni riesuma e applaude, post mortem, a Bettino Craxi, che fu grande nemico dei comunisti di ogni forma e colore, verde compreso. E che pensarono di tumularne vita e opere sotto una pioggia di monetine all’Hotel Raphael. Ma tutto è buono pur di andare contro la Meloni. Da oggi non solo premier ma pure taumaturgica.
*di Simone Donati
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