PRIMA PAGINA – Magna magna Colosseo: Se lo spreco è un monumento
L’affare Colosseo, tra milioni ai privati, caos biglietti, abusivismo e mancanza di controlli. L’Anfiteatro Flavio, più di tutti, è il simbolo della grandezza imperiale di Roma che ancora oggi il mondo ci invidia, ma rappresenta anche il fallimento di una classe politica, incapace di organizzare una città che si appresta ad accogliere milioni di pellegrini per il Giubileo. Perché preso com’è dalle centinaia di cantieri aperti, da colonie di topi che banchettano tra i rifiuti sui marciapiedi e dalle proteste dei romani imbottigliati negli ingorghi del centro, il sindaco Roberto Gualtieri ha così tanto trascurato la gestione del Colosseo da essersi inimicato perfino gli operatori turistici che, ogni giorno, lavorano nell’area del monumento. E che ora alzano le barricate contro l’immobilismo del Campidoglio nell’applicazione delle nuove regole di accesso all’Anfiteatro Flavio. Le misure volute dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che per contrastare il fenomeno del bagarinaggio ha introdotto il biglietto nominativo, rischiano di trasformarsi in un boomerang per tour operator, guide turistiche e perfino visitatori.
Finora per entrare nel secondo monumento più visitato al mondo, che ogni giorno accoglie 25mila visitatori, bastava acquistare i biglietti presso le agenzie di viaggi o alla biglietteria del Parco Archeologico. L’impresa, però, non era facile perché, a causa delle pratiche scorrette degli acchiappini e del bagarinaggio online, che acquistavano in blocco i biglietti sulle piattaforme per rivenderli sulla piazza, i ticket erano introvabili. Impossibile, dunque, per un turista comprare il titolo d’ingresso sul sito, per essere tra quei tremila fortunati ammessi ogni ora all’interno del Colosseo. L’unica via restava la biglietteria ai Fori Imperiali, con file interminabili e senza alcuna garanzia di trovare i biglietti prima dell’esaurimento. Ad approfittarne del lassismo nei controlli proprio i bagarini, che piazzavano così gli accessi a prezzi record. Dal 18 ottobre la musica è cambiata, con il titolo nominativo, del tutto personale, impossibile da cedere o da rivendere, come accade per le partite di calcio allo stadio. Peccato, però, che il nuovo sistema abbia già creato il delirio. Le code ai botteghini sono terribilmente peggiorate e anche quelle per entrare nel monumento, al quale, da dopo il Covid, si accede soltanto da due dei quattro gate disponibili. Migliaia di turisti stazionano confusi nell’area, senza assistenza, sicurezza e servizi. Perfino i bagni pubblici sono insufficienti. Servizi che dovrebbero essere garantiti da Roma Capitale, che spende milioni di euro per la piazza del Colosseo ma che dal Colosseo non guadagna un euro.
Il Parco archeologico, che comprende oltre all’Anfiteatro Flavio anche il Foro Romano, il Palatino e la Domus Aurea, solo nel 2022 ha incassato quasi 63 milioni da 10 milioni di visitatori. Un affare enorme, considerando che l’arena dei gladiatori contribuisce al Pil italiano per 1,4 miliardi di euro all’anno e che dal 2000, solo dai biglietti, ha raggranellato circa quattro miliardi. Di questi, alla Capitale, non è arrivato nulla. Gli introiti dei ticket sono suddivisi tra il gestore dei servizi di segreteria, che passa l’aggio dei biglietti allo Stato, e i privati. Mentre tutti gli oneri di gestione dell’area, sicurezza e decoro sono a carico dell’amministrazione comunale. Contro la quale ora, di fronte alle difficoltà nelle nuove procedure dei biglietti nominativi, si levano gli operatori del settore turistico. “Se siamo arrivati a questo è per colpa della totale mancanza di controlli di Gualtieri, che ha fatto proliferare il fenomeno dell’abusivismo. Rischiano di fallire decine di aziende, che prima compravano pacchetti di biglietti e che adesso, in caso di disdette, si trovano a non poter riutilizzare quei ticket e a perdere i soldi”, ha detto la guida turistica Stefano Donghi. “Abbiamo chiesto un tavolo con il ministero della Cultura e il sindaco per trovare una soluzione a questa situazione. Un buon compromesso”, conclude, “sarebbe aumentare il biglietto di un euro, da devolvere nelle casse del Comune per reinvestire nei servizi. D’altronde il ticket è stato aumentato per l’alluvione in Emilia, perché Roma non deve avere nulla?”.
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