Magazzini pieni, manifattura ko
STANDARD & POOR'S THE MCGRAW HILL COMPANIES SEDE ITALIA UFFICIO MILANO
Magazzini pieni, manifattura a pezzi. L’industria europea è al collasso. Standard & Poor’s riferisce che l’indice Pmi è sceso a 42,7 punti. Si tratta del dato più basso da più di tre anni a questa parte. Insomma, oggi siamo messi peggio che nel Covid. E, per ritrovare un periodo in cui – senza il problema pandemico – i livelli della manifattura Ue siano stati tanto bassi occorre risalire indietro nel tempo fino al 2009, quando si stavano mostrando, nell’economia europea, gli effetti della grande crisi scoppiata a seguito dell’esplosione della bolla dei mutui subprime negli Stati Uniti.
Ma perché siamo messi così male? Secondo Cyrus de la Rubia, capo economista di Hamburg Commercial Bank, con questa crisi dobbiamo iniziare a conviverci. “Durerà ancora un po’ – ha spiegato nel rapporto stilato da S&P -, il maggiore declino della produzione, dei nuovi ordini e del volume degli acquisti di inizio del terzo trimestre conferma la nostra idea che il corso generale dell’economia sarà turbolento durante la seconda parte dell’anno. La difficoltà del settore manifatturiero è il risultato del classico ciclo delle giacenze dove le aziende hanno acquistato troppo materiale”. Ma non è tutto: “Le imprese quindi si stanno adattando alla nuova realtà di ridotta domanda e tempi medi di consegna più veloci, e ci sarà qualche reazione esagerata in termini di destoccaggio. Di conseguenza, sono previsti nel 2024 nuovi aumenti dei livelli di magazzino, facendo uscire il settore dalla contrazione. Fino a quel momento avremo davanti tempi difficili”. Insomma, la crisi degli approvvigionamenti non ha fatto per niente bene alle industrie considerando che i consumi sono lentamente diminuiti. De la Rubia ha poi affermato: “L’ennesimo e ulteriore peggioramento del livello del lavoro inevaso ha causato, anche se modestamente, una nuova riduzione dei livelli del personale. Le aziende manifatturiere hanno sofferto per il calo globale di questo settore, specialmente per ordini diretti verso le destinazioni chiave quali Usa e Cina. I nuovi ordini esteri, incluso il traffico intra eurozona, pertanto, sono diminuiti molto velocemente”. Quindi ha lanciato un messaggio a Francoforte: “La Banca Centrale Europea sarà quindi felice di osservare che la deflazione dei prezzi di vendita ha preso di nuovo vigore, diminuendo al tasso più rapido in quasi 14 anni. Detto questo, la preoccupazione sull’inflazione dei servizi rimane ancora in cima all’ordine del giorno”.
Ma c’è una nuova insidia che grava sulla manifattura europea. È l’India. In continua crescita, il subcontinente indiano potrebbe presto affermarsi come la terza potenza economica globale. Se la Cina inizia a tirare i remi in barca, c’è l’India che presto potrebbe assorbire su di sé la mancata domanda di materie prime che arriva da Pechino. Lo riferisce l’Anz, l’Australian New Zeland Banking Group. Secondo cui “la domanda indiana di materie prime crescerà rapidamente, sostenuta da dinamiche demografiche favorevoli, dall’urbanizzazione, dall’espansione della manifattura, dall’export e dalla realizzazione di infrastrutture”. A giocare a favore di New Delhi ci sono diversi aspetti da non sottovalutare. Innanzitutto oggi è l’India il Paese più popoloso al mondo. L’urbanizzazione indiana salirà, nei prossimi tempi, dal 35 al 40% e ciò potrebbe stimolare la domanda di metalli per l’industria e di commodities energetiche. Tutto finalizzato e assorbito, chiaramente, dalla manifattura locale. Insomma, gli scenari sono cupi per l’Ue, alle prese con magazzini pieni e manifattura al tappeto.
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