Attualità

L’uso dei mini-organi cerebrali per archiviare la vivisezione

di Ivano Tolettini -


Che la ricerca scientifica più avanzata sia orientata a non utilizzare più in laboratorio animali come cavie è un dato empirico assodato. La scorsa settimana abbiamo dato conto di come Padova, all’Istituto di ricerca pediatrica della Città della Speranza e all’Istituto veneto di medicina molecolare, con il coordinamento della locale Università, si confermi all’avanguardia del superamento della sperimentazione animale attraverso anche l’utilizzo della stampa biologica 3D per la creazione di mini-organoidi. Di recente l’attenzione dei ricercatori si è concentrata su un altro ambito di approfondimento che coinvolge temi bioetici relativi alla ricerca sugli organoidi cerebrali (nella foto) per mettere a punto farmaci all’avanguardia. Il tema dibattuto è fino a dove la scienza si può spingere, tenendo conto che comunque nei laboratori ad esempio cinesi, dove fino a prima del Covid e dello scoppio della guerra in Ucraina si registrava uno scambio di informazioni tra scienziati dei due poli, l’osmosi delle comunicazioni è di fatto bloccata. Una sorta di cortina di ferro scientifica impedisce lo scambio di notizie e questo alimenta fin troppe perplessità su che cosa succede ad Oriente. Qualche mese fa negli Stati Uniti, per la precisione in California a La Jolla, si è tenuto un incontro ad alto livello per verificare l’evoluzione delle tecniche di manipolazione delle cellule staminali e l’uso di nuove metodologie per sfruttare modelli alternativi di organoidi. Si tratta di tematiche sulle quali gli scienziati americani ed europei si interrogano di continuo per valutare la fissazione di un limite oltre il quale non andare.

MALATTIE CEREBRALI
Il motivo è che non sfugge che le implicazioni in quanti valutano sul piano pratico di mettere a punto organoidi simili a un cervello sono molteplici. La comunità scientifica si pone una serie di problemi che altrove, appunto nei laboratori ad esempio cinesi, sono tranquillamente superati sull’altare di un’innovazione che si pone come obiettivo strategico il risultato a qualsiasi costo. Al contrario molti scienziati hanno sentito l’esigenza di riunirsi al Sanford Consortium for Regenerative Medicine in California, per interrogarsi e dibattere l’incredibile evoluzione in tema di organoidi cerebrali. Non c’è dubbio che ci sia una ricerca buona, vale a dire controllata con una stella polare etica come avviene nei nostri laboratori, e non a caso gli scienziati si pongono queste domande; e un’altra ricerca molto più spregiudicata che appare votata all’obiettivo indipendentemente dei mezzi. Tanto che c’è chi ricorda il commento di Hilary Putnam all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, quando immaginava che un individuo fosse sottoposto a un’operazione al cervello da parte di un cattivo scienziato che dopo averlo rimosso lo metteva in collegamento con un computer, che oggi definiremmo quantico per la velocità con la quale esegue i calcoli, per analizzare il contenuto. Ebbene, molti osservano che oggi non siamo molto distanti quanto pensiamo ai mini-organoidi cerebrali che sono il risultato della manipolazione delle cellule staminali. Tuttavia, è il contenuto etico del lavoro dei ricercatori a fare la differenza. Una doppia dimensione morale perché riguarda anche la circostanza che non vengono più usati animali come cavie, oltre alle legittime domande sulla natura degli esperimenti e i limiti. Certo è che gli organoidi cerebrali rappresentano la straordinaria evoluzione di una ricerca sempre più avanzata, che anche in altri settori della medicina registra novità ragguardevoli consentendo il superamento della vivisezione. Anche se ancora non del tutto.

TRIDIMENSIONALE
Lo sviluppo dei mini-organoidi cerebrali che sono di fatto delle “strutture cellulari tridimensionali” per approfondire le ricerche anche in ambito neurologico e per lo studio delle malattie neurodegenerative e anche psichiatriche, costituiscono una frontiera molto attuale per gli interrogativi che suscita. Com’è evidente anche in campo etico. Sebbene molti ricercatori osservano che la ricerca non può essere manifestata solo in termini binari, ovvero sia che cosa sia etico e che cosa non lo sia, perché come conclude l’israeliano Jacob Henna, “è un continuum all’interno del quale bisogna muoversi analizzando con equilibrio i rischi e i benefici”.


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