Politica

PRIMA PAGINA-L’Unione fa la forza se a guida italiana

di Giuseppe Ariola -

La premier Giorgia Meloni e il vicepremier Antonio Tajani


Giorgia Meloni è già da giorni al lavoro sui principali dossier sui tavoli dell’Unione europea e del G7 che prenderà ufficialmente il via oggi. Complice il largo consenso ottenuto alle elezioni europee, la premier italiana potrà accogliere i leader mondiali giunti a Borgo Egnazia con quell’autorevolezza propria di chi è alla guida di un governo reso ancora più forte dal sostegno che gli italiani hanno confermato alle urne. Un risultato non scontato, se si pensa alla sonora bocciatura che ha colpito i governi di Francia e Germania, con Macron che dopo aver sciolto l’Assemblea Nazionale e indetto nuove elezioni ha dovuto anche ingoiare l’intesa tra i repubblicani e Rassemblement National. Un’alleanza che sembra aprire anche oltralpe alla nascita di un centrodestra sul modello italiano. Uno schema che potrebbe consolidarsi anche a livello europeo, eventualità ieri nuovamente auspicata da Matteo Salvini e Marine Le Pen a seguito di un colloquio, qualora tramontasse definitivamente l’accordo tra Ppe e Pse che cinque anni fa ha aperto la strada alla formazione della ‘maggioranza Ursula’ che ha portato la von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Un accordo che in molti vorrebbero replicare, a partire ovviamente dalla stessa von der Leyen, che rincorre il bis, e dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. E i numeri ci sarebbero, al netto del fisiologico alto numero di franchi tiratori all’Europarlamento dove, tra l’altro, il vertice della Commissione Ue viene eletto a scrutinio segreto. L’elezione di Ursula von der Leyen con pochissimi voti sopra al quorum necessario, benché sulla carta vantasse numeri più consistenti, ne è la dimostrazione. Però, come dicevamo, un’alternativa all’alleanza trasversale tra Ppe e Pse è possibile, tanto che da quando sono emersi i risultati elettorali ha iniziato a parlarne anche Antonio Tajani, vicepremier di Giorgia Meloni e titolare della Farnesina, ma soprattutto vicepresidente del Ppe con un indiscusso standing a livello comunitario, dove tra vari incarichi di prestigio sia politici che istituzionali, tra cui quello di presidente del Parlamento europeo, bazzica da circa trent’anni. Per un esperto conoscitore delle dinamiche europee come il segretario di Forza Italia, è possibile lavorare a un’intesa tra popolari, liberali e conservatori che andrebbero a comporre una maggioranza come quella che nel 2017, ricorda, “mi portò a vincere contro il candidato socialista” nella corsa alla presidenza dell’Europarlamento. E non è ancora tutto, perché Tajani sta molto insistendo anche sull’importanza per l’Italia di “pretendere il vicepresidente della Commissione europea, cosa che in questo momento non c’è”. Se ancora vale la buona regola della politica per la quale le carte non vanno calate prima del tempo, così da evitare di bruciarsi, dalle parole del vicepremier si potrebbe intravedere la velleità italiana di ottenere qualcosa in più di quanto richiesto, ovvero la guida della Commissione con una maggioranza di centrodestra. Eventualità non peregrina soprattutto alla luce dell’affermazione del partito di Giorgia Meloni, che è anche leader dei Conservatori europei, che in ogni caso potrebbe ritagliarsi un nuovo protagonismo nel consesso europeo. Anche sfruttando la vetrina del G7 al cui termine seguirà dopo soli due giorni la cena dei leader Ue a Bruxelles per fare un primo punto informale sulle caselle che andranno riempite nei prossimi mesi. Un appuntamento dal quale la von der Leyen, sulla cui presenza – da tanti ritenuta inopportuna – si è molto discusso, non è detto esca rafforzata. In tal caso, nel Ppe potrebbe iniziare a maturare la candidatura proprio di Tajani che, però, al momento nega ogni possibilità. Un’eventualità che conferirebbe al governo italiano quel riconoscimento che merita alla luce dei risultati elettorali. Inoltre, si eviterebbe anche l’imbarazzo dell’astensione della delegazione della Lega, che a Roma siede in maggioranza, al momento del voto sull’intero collegio dei commissari, tra i quali sarebbe presente anche quello indicato dal nostro governo, nel caso di un nuovo esecutivo von der Leyen sostenuto da Ppe e Pse.


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