LIBERALMENTE CORRETTO – L’Unione Europea vigila sulla verità
I cittadini europei possono dormire sonni tranquilli. Veglia su di loro la formidabile impalcatura burocratica dell’Unione sovietica europea, alla quale nulla sfugge. È assicurata loro la correttezza delle informazioni: solo la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità, può attingerli. Sono immuni dalle menzogne, oggi chiamate fake news, grazie al Ministero della Verità istituito con il Digital Service Act. Il capo custode della verità, Thierry Breton, si avvale ovviamente della collaborazione di migliaia di custodi, pronti a segnalargli le insidie della menzogna; non solo quella palese, ma anche la latente. E non solo quella attuale, ma perfino la potenziale. Nell’esercizio del suo ministero – che non può essere definito apostolico, non essendo diretto alla divulgazione della verità, ma comunque, almeno, sacerdotale, essendo diretto a salvaguardare la verità, impedendo la menzogna – il sig. Breton è particolarmente attento e solerte, al punto da individuare il fumo diabolico del male, prim’ancora che si materializzi in qualche modo. Insomma è in grado di antivedere il male, perché ne conosce le radici e il fine, cosicché è in grado di impedire non solo la menzogna, ma perfino l’intenzionalità menzognera. Egli sa per esempio che Trump, diversamente da Biden o dalla Harris, ha intenzione di ingannare i suoi connazionali, ma anche i cittadini europei. Con questa consapevolezza, ha trascorso due lunghe notti insonni, indeciso tra Scilla e Cariddi: se fosse il caso di impedire tout court la divulgazione delle menzogne trumpiane in Europa; oppure lavarsene le mani, come un Ponzio Pilato qualunque, in ossequio alle esigenze della diplomazia. Alla fine ha prevalso il senso del dovere, del quale i cittadini europei gli sono immensamente grati: dopo faticosa meditazione, ha deciso che non poteva tacere; doveva evitare a tutti i costi l’imminente scempio della verità. E lo ha fatto con molta sagacia, percorrendo la strada della cortesia, dalla linea parabolica. Ha inviato una lettera a Elon Musk, diretta tuttavia a Trump. Ha parlato a nuora, perché suocera intendesse. La missiva “precauzionale” profuma d’incenso: è un capolavoro di prosa curiale. La guida provvidenziale della Chiesa della Verità scrive nello spirito e nella veste della massima autorità ecclesiale, che si rivolge a una delle sue pecorelle smarrite e gli indica la strada della salvezza. Lo avvisa che asserire la falsità è un grave peccato, pertanto sarebbe meglio tacere. Nella specie, sarebbe meglio evitare l’intervista all’ex presidente Trump, intenzionato a propalare maldicenze; in caso contrario, scatterebbero le sanzioni previste dal DSA, a carico della piattaforma X. Dopo avergli ricordato le “due diligence obligations set out in the Digital Service Act”, lo avverte cortesemente dei possibili “formal procedings against X”. Di fronte a tanta delicatezza, il maleducato Musk ha invocato la libertà di pensiero e di parola, come se la guida spirituale della Chiesa della Verità gliela volesse togliere e non tutelare i cittadini europei dalla perfidia delle bugie. Insomma Musk ha preso una cantonata. Ha chiamato erroneamente censura siffatta custodia della verità. Lo stesso errore nel quale sono incorsi ingenui osservatori occidentali, convinti che la nomenklatura comunista dell’ex URSS opprimesse il popolo russo, il quale invece era ben lieto di essere liberato dalle menzogne capitalistiche. Dispiace che pochi abbiano compreso il profondo travaglio interiore che ha agitato le notti pensose di Thierry Breton. Mentre l’intrepido burocrate vegliava insonne, per assicurare le notti tranquille dei cittadini europei, i capi politici dell’Unione tergiversavano e infine hanno ridimensionato il fatto, sia pure tardivamente e a malincuore, a “increscioso equivoco”. Ma in verità hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco, per la ragion di Stato; in fondo sono orgogliosi, non meno di Breton, dell’ascendenza sovietica del DSA, sul quale non hanno speso alcuna parola.
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