L’Ue e la leva obbligatoria
Siamo passati dal lockdown che ha affossato numerose economie dell’eurozona, con la massiccia produzione di vaccini anti-Covid all’economia di guerra, con l’obiettivo di puntare sull’industria militare. Il dibattito è polarizzato tra chi pensa che sia l’ora della pace e spinge per l’avvio di negoziati e chi pensa che la guerra nel Donbass debba andare avanti a oltranza. I Paesi Nato hanno inviato armi e munizioni in enormi quantità, svuotando gli arsenali. Che ora vanno nuovamente riempiti. Se da un lato è la situazione ideale per l’industri bellica, che sarà tempestata di ordinativi, dall’altro l’aumento del budget per la difesa va a togliere risorse ad altri settori chiave dei Paesi Ue. Per non parlare appunto della leva obbligatoria, che comporterebbe ulteriori ingenti investimenti. A tal proposito ricordiamo che in alcuni Paesi la naja con diverse sfumature è già in vigore: Cipro, Grecia, Austria, Lituania, Lettonia, Estonia, Finlandia, Svezia e Danimarca. In Italia (ma anche in Germania) è rimontato il dibattito sulla necessità o meno e la bontà o meno di rintrodurre la leva obbligatoria. L’attuale leva professionale su base volontaria – pochi ma buoni – per alcuni esponenti politici, a partire dal vicepremier Matteo Salvini, insomma non basterebbe più. Per il leader della Lega poi la naja sarebbe perfetta per formare i giovani. Parere opposto per chi ha più voce in capitolo, il ministro della Difesa Guido Crosetto: “Le forze armate hanno bisogno di professionalità, non è un luogo dove insegnare o educare i giovani”. A Berlino, il ministro della Difesa Boris Pistorius ha sottolineato la carenza di personale, sia arruolato nell’esercito sia tra la riserva. I piani dell’esercito tedesco puntano ad arrivare alle 203 mila unità entro il 2030, a fronte delle attuali 180 mila. Una delle opzioni per raggiungere l’obiettivo sarebbe appunto la reintroduzione del servizio militare obbligatorio. La naja secondo Pistorius darebbe ai cittadini delle nozioni e un minimo di conoscenza sugli armamenti e sulle tattiche di difesa, così d’avere una base in caso di un confronto militare diretto (scenario remoto, per fortuna).
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