Esteri

L’orlo del baratro. Sul Libano bombardamenti senza tregua

di Ernesto Ferrante -


L’appello di Stati Uniti, Unione Europea e diversi Stati arabi per un cessate il fuoco in Libano, è stato sovrastato dai tonfi dei missili sparati dai caccia israeliani. Dopo l’iniziale ottimismo delle fonti Usa, è arrivata la doccia gelata.

“La notizia riguardante un cessate il fuoco è errata, il primo ministro Benjamin Netanyahu non ha rilasciato alcuna dichiarazione in merito all’annuncio”, ha dichiarato l’ufficio del premier. Netanyahu, che interverrà oggi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, ha dato ordini di continuare i combattimenti con tutta la forza.

L’intera classe politica israeliana fa muro. Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, insieme agli alti ufficiali dell’esercito, ha approvato la proroga delle operazioni offensive dell’Idf sul fronte nord.

“Israele continuerà a combattere contro Hezbollah con tutte le forze fino alla vittoria e fino a quando i residenti del nord non potranno tornare in sicurezza nelle loro case”, ha fatto sapere il ministro degli Esteri, Israel Katz, che sta facendo le veci del premier, impegnato negli Usa.

Il ministro degli Insediamenti e dei progetti nazionali Orit Strock del partito di estrema destra Religious Zionism di Smotrich, ha affermato che “non esiste un mandato morale per un cessate il fuoco, né per 21 giorni né per 21 ore” e esortato tutti a “non ripetere gli errori del passato”, ponendo fine ai combattimenti in Libano troppo presto.

Come Strock si sono espressi i vari esponenti ultra-ortodossi dell’esecutivo, a partire dal ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich, per il quale l’unico scenario possibile “è schiacciare Hezbollah”.

Il suo collega della Cultura e dello Sport, Miki Zohar (Likud), ha definito la possibile tregua tra Israele e Hezbollah un grave errore se non accompagnata da concessioni significative da parte dei miliziani sciiti. Per Zohar è necessario continuare a combattere fino a una chiara vittoria nella parte settentrionale.

La linea bellicista in Libano è stata sposata anche dal leader dell’opposizione, Yair Lapid: “Israele dovrebbe accettare la proposta di cessate il fuoco di Biden e Macron, ma solo per sette giorni, per non permettere a Hezbollah di ricostruire i suoi sistemi di comando e controllo”.

“Non accetteremo alcuna proposta che non includa l’allontanamento di Hezbollah dal nostro confine settentrionale”, ha aggiunto il rappresentante della minoranza.

Il comandante delle forze aeree del partito di Dio, Muhammad Hussein Sarour, è stato ucciso nel raid di Tel Aviv su Beirut. Lo hanno confermato le forze israeliane di difesa (Idf), citate da The Times of Israel.

Sarour avrebbe diretto e comandato numerosi attacchi aerei contro lo Stato ebraico, utilizzando droni carichi di esplosivo e missili da crociera. Colpite anche infrastrutture al confine tra Siria e il Paese dei Cedri che, stando agli israeliani, venivano utilizzate dagli uomini di Hassan Nasrallah per contrabbandare armi.

Durissime le parole di Abu Mazen, leader dell’Autorità Nazionale Palestinese, all’Onu: “Non sono qui per rispondere alle bugie di Netanyahu al Congresso Usa, quando ha affermato che il suo esercito non uccide civili. Allora chi ha ucciso più di 50mila bambini? Io continuo a chiedere allora: fermatelo, fermatevi adesso, basta mandare armi a Israele. Il mondo intero è responsabile di quello che sta succedendo a Gaza”.

Secondo il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, il Libano non può diventare un’altra Gaza. “Diciamo con una sola voce chiara: fermate le uccisioni e la distruzione. Abbassate la retorica e le minacce. Fate un passo indietro dall’orlo del baratro. Una guerra totale deve essere evitata a tutti i costi”, ha detto Guterres ai 15 membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Sono oltre 100, tra cui 23 donne e 32 minori, i rifugiati siriani uccisi da quando si sono intensificati i bombardamenti israeliani sul territorio libanese. Lo ha reso noto l’Osservatorio siriano per i diritti umani, con sede nel Regno Unito e fonti in Siria.


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